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A Milano una scuola internazionale porta l’hip hop in classe

Esa aka El Prez e FLYCAT - ph. BDC

Esa aka El Prez e FLYCAT - ph. BDC

Il direttore artistico FLYCAT, writer milanese citato anche dalla Treccani, organizza anche lezioni per spiegare ai ragazzi la differenza fra il rap “buono” delle origini e le derive violente di oggi

Studiare arte e applicarla con una bomboletta sui muri della scuola. Ascoltare i grandi “vecchi” del rap italiano per non “farsi fregare” da quelli di oggi. Mettere in rima la propria noia per cambiare prospettiva sulla vita, anche da bambini. Alla BDC School di Milano c’è un maestro/professore davvero speciale: è un writer milanese che ha imparato l’arte dei graffiti nell’America degli Anni Ottanta e Novanta ed è poi tornato in Italia per finire addirittura nella Treccani. Lui che avrebbe voluto fare l’etologo e cui un’insegnante delle medie consigliò invece di andare a una scuola professionale. Per evitare gli errori degli adulti che ha vissuto sulla propria pelle FLYCAT adesso sale in cattedra al livello dei suoi studenti, con un’attitudine di ascolto e liberazione dell’espressione cui la scuola italiana dovrebbe anelare con maggiore convinzione.

Sua l’idea di trasformare l’hip hop che gli ha “salvato la vita” quand’era un ragazzino in una materia da sviscerare a scuola ma praticamente, ospitando a lezione anche gli interpreti che hanno fatto da apripista al genere in Italia. Ha già fatto lezione Jad degli Articolo 31 e da poco è salito alla console anche Esa aka El Prez (già OTR) che ha insegnato improvvisazione sulle rime accompagnato dalla sua batteria elettronica.

Esa aka El Prez e FLYCAT – ph. ThisIsFàggion

L’hip hop – quello vero – è scuola di vita, non certo esaltazione della violenza”, spiega FLYCAT parlando del suo progetto UNPLUGGED BDC, all’interno del quale si tengono le lezioni con i talent. “Per questo voglio che i miei ragazzi lo conoscano e sappiano riconoscerlo”. “È un genere perfettamente a suo agio in una scuola”, continua l’artista e docente, “perché alla base della cultura hip hop c’è proprio la spinta a tramandare gli insegnamenti e a creare continuità nella discontinuità che ci circonda”.

Ricorsa”Della cultura hip hop hanno sempre fatto parte i graffiti, la break dance, il rap come poesia di strada, un canto senza canto, e la musica dei dj, il Beat”. Siamo lontani anni luce dalle derive che ha preso certa musica rap attuale, dove sento lanciare messaggi superficiali e pericolosi. Desidero solamente insegnare ai ragazzi a distinguere fra la cultura, anche meno convenzionale, e quello che è solo click baiting ed esaltazione violenta”.

D’accordo anche Esa, che ricorda come il rap venisse definito “la CNN dei quartieri” per la sua capacità di raccontare quello che accadeva nelle strade e nelle situazioni più disagiate e di cui i media ufficiali non si occupavano. “È giusto raccontare i guai e denunciare il disagio, non celebrare la violenza. Lavorando nelle scuole e spiegando l’origine del rap come poesia riusciamo a dare ai ragazzi un contesto in cui inquadrare il linguaggio e le storie”. Durante l’incontro, Esa ha chiesto ai ragazzi di scrivere delle rime: massima libertà nella scelta dell’argomento e della lingua, qualcuno ha scritto in italiano qualcun altro in inglese. “Non abbiate fretta”, ha suggerito il rapper: “la poesia ha bisogno del suo tempo per emergere”.

 

Redazione

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