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A spasso per il museo… digitale

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La tecnologia nei musei è molto poco appariscente ma sta di fatto ridisegnando il modo in cui i centri culturali svolgono la loro funzione. Si chiama Bib, è un robottino dotto che da qualche giorno accompagna i visitatori del Museo della tecnica di Malmo, in Svezia. Ma l’impiego della tecnologia nei musei è in genere molto meno appariscente e sta di fatto ridisegnando il modo in cui i centri culturali svolgono la loro funzione. Il livello interessato oggi in maniera più evidente è quello della relazione con il visitatore, che occupa una posizione via via più centrale. L’esperienza del visitatore, lungi dal risolversi entro il limite determinato dalla visita all’istituzione museale, inizia prima, prosegue dopo, e può essere del tutto svincolata dall’esperienza fisica. In senso letterale, come nel caso del Chrome Web Lab, in collaborazione con lo Science Museum di Londra, che permette a più utenti simultaneamente di suonare via web degli strumenti musicali presenti sia in forma virtuale sia in forma fisica nello spazio del museo. Ma soprattutto in senso lato, grazie alle proiezioni digitali delle collezioni, delle mostre e degli eventi curate dalle stesse istituzioni o implementate da soggetti terzi, come Google Art Project. Oltre a replicare in una dimensione virtuale spazi realmente esistenti, a riproporre collezioni disperse, come quello del museo di Kabul, distrutto dai talebani o impossibili nel mondo fisico, per i musei la rete si presta come canale aggiuntivo. Per raggiungere nuovi pubblici o consolidare la relazione con il pubblico esistente, con finalità didattiche o di approfondimento o per rinsaldare il rapporto con il territorio. Sempre più spesso su internet o attraverso le app dei musei il visitatore ha la possibilità di costruirsi percorsi di visita autonomi, preparandoli in anticipo, tornandoci sopra in seguito, costruendo proprie gallerie (vedi la app del Moma Explorer o l’impiego del social network Pinterest). Quella digitale è un’esperienza che va ad aggiungersi a quello fisica, aumentando la realtà, ed entrando sempre più prepotentemente anche dentro le mura fisiche del museo. Il registro è talvolta ludico, così da enfatizzare la curiosità e la motivazione del visitatore, come in Tate Trumps, una app che trasforma la visita in una sfida tra amici, inducendo al contempo un confronto critico con le opere. Un ruolo importante a riguardo lo giocherà il cosiddetto indoor mapping, la mappatura digitale degli spazi interni degli edifici di pubblico accesso, già avviata da Google in una ventina di musei. Si chiama Bravo (Brain Virtual Operator for e-learning) e, se il visitatore è attento, permette una visita approfondita e colta del museo, se è distratto, gli lancia dei messaggi volti a catturare la sua attenzione. E’ realizzato dall’università di Bologna, che mette in contatto il computer con il cervello, funziona su iPad e si basa su Moodle, una piattaforma e-learning. Lo step successivo è l’interazione col corpo umano: muovendo le braccia in tutte le direzioni si entra nella tomba Regolini-Galassi, penetrata così dagli olandesi dell’università di Amsterdam. Etruscanning 3D esplora la necropoli del Sorbo di Cerveteri: Il corredo funerario della coppia etrusca si trova nei Musei Vaticani, ma con il nuovo sistema è possibile visitare la tomba ricostruita e, volendo, far parlare i due defunti che raccontano i momenti salienti della propria vita, legati agli oggetti presenti nella tomba. Si può anche simulare il naufragio della Vrouw Maria, affondata sulla rotta per San Pietroburgo con un prezioso carico destinato all’imperatrice Caterina la Grande di Russia; oppure volare sulla città di Matera e visitare i Sassi abitati da eventi suggestivi, suoni, poesia, il calcio ad un pallone; si possono esaminare le monete della collezione del Museo nazionale di San Matteo a Pisa o riscoprire Pompei attraverso le pitture del XIX secolo. Sofia Pescarin del Cnr che ha spiegato cosa sta succedendo: “Sono in crescita le applicazioni su telefonia mobile, è sparito il vecchio concetto della postazione multimediale nei musei, cresce il concetto di visita collettiva, prende piede la gamification, l’utilizzo dei contenuti per progetti ludici. La realtà virtuale è sempre online e spariscono le tecnologie, si usa il proprio corpo per interagire”

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