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A Trieste per la sostenibilità quantitativa

Trieste - Piazza Unità d'Italia

Trieste - Piazza Unità d'Italia

Stefano Fantoni racconta a Telepress.news come sia stato ideato un osservatorio permanente per trovare indicatori utili a realizzare una delle sfide degli anni Venti e Trenta.

Che cos’è la sostenibilità quantitativa

Come affrontare nel modo migliore le sfide attuali e quelle future per nutrire il Pianeta? Un workshop fra Trieste e Udine, in parte per esperti e in parte aperto al pubblico, ha voluto lanciare un tavolo permanente sull’argomento, chiedendo a una serie di ospiti internazionali di fare il punto della situazione attuale e di dare una serie di indicazioni su ciò che andrà fatto. L’incontro “Scienza e alimentazione sostenibile. Come gli strumenti scientifici possono aiutare ad affrontare le problematiche rivolte al cibo e alla biodiversità per la salute del pianeta e dei suoi abitanti” è stato organizzato nell’ambito del Laboratorio Triestino sulla Sostenibilità Quantitativa – TLQS, progetto dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – e della Fondazione Internazionale Trieste – FIT, che ha lo scopo di studiare la sostenibilità attraverso analisi e rappresentazioni quantitative, proprie delle metodologie scientifiche, per fare previsioni a breve e medio termine sulla salute del pianeta e delle persone che lo abitano e per misurare il grado di sostenibilità delle azioni.

Foto di gruppo al workshop su sostenibilità quantitativa

Un approccio multidisciplinare

Proprio tre chiavi di lettura della Sostenibilità (Scienza, Salute, Società) sono i macro-temi su cui si sono confrontati esperte ed esperti di diverse discipline – genetica, genomica applicata, scienze microbiche, medicina, economia, agraria, chimica, comunicazione – riuniti per parlare di alimentazione e biodiversità per la salute del pianeta con un approccio multidisciplinare. Estremamente varia la provenienza degli studiosi presenti: Colombia, Michigan, Belgio, Filippine… e tante città italiane naturalmente.
Produrre di più, consumare di meno e migliorare le caratteristiche nutrizionali degli alimenti: sono queste le sfide dell’agricoltura di oggi. La strada per affrontarle in maniera sostenibile passa attraverso le tecnologie più avanzate in campo genetico e agronomico, e necessita di una legislazione efficiente per consentire alle innovazioni di entrare nel mercato senza inutili vincoli e/o restrizioni, insieme alla fiducia delle persone nella scienza e all’accettazione delle stesse innovazioni. Per affrontare tali questioni è, pertanto, indispensabile un approccio quantitativo e multidisciplinare, oltre al coinvolgimento di tutta la società.

L’ambizione di un laboratorio permanente

A Telepress.news il presidente della FIT, Stefano Fantoni, spera che il workshop possa portare “all’istituzione di un centro sulla sostenibilità quantitativa permanente, simile a quello sulla complessità presente a Santa Fè. Il nostro obiettivo è quello di identificare degli indicatori dei vari aspetti della sostenibilità, per capire quanto Paesi, industrie e laboratori fanno concretamente. Si tratta di una sfida complessa: gli stessi obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu hanno aspetti di correlazione che li rendono difficili da identificare in modo univoco.

Coinvolgere gli scienziati e le persone

E quindi come fare? Prosegue il professore di Fisica: “Vogliamo che gli esperti ci diano dei compiti da svolgere affinché gli studi che vengono compiuti abbiano un’utilità concreta. L’idea è quella di affrontare l’obiettivo da tre punti di vista: scientifico, in un’ottica interdisciplinare che la vecchia Accademia italiana non conosce; formativo, puntando sui giovani scienziati, più aperti e pronti a sperimentare; divulgativo, per coinvolgere le persone comuni, far uscire la scienza dai laboratori e fare cultura su argomenti – come il cibo, ad esempio – intorno ai quali ruotano tanti luoghi comuni e pochi dati certi: sugli effetti devastanti dell’obesità o sui pregiudizi relativi alla genetica delle piante le persone hanno spesso informazioni sbagliate”.

di Daniela Faggion

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