Oggi è entrata ufficialmente in vigore la legge Levi, che impone a case editrici e rivenditori un tetto agli sconti applicabili sui libri , pari al 25% del prezzo di copertina per le offerte dei primi (della durata massima di un mese e non a dicembre) e al 15% del totale per le promozioni dei secondi. Alle biblioteche spetta uno sconto massimo, dagli editori, del 20%. Il Parlamento italiano, su proposta del deputato Riccardo Franco Levi (in quota Pd), regola così il mercato editoriale e prova a mettere una pezza alla crisi che attanaglia le piccole case e le librerie indipendenti. I dubbi sull’effettiva efficacia del provvedimento , approvato lo scorso 20 luglio con consenso bipartisan, sono molti: si è davvero sicuri che non permettere offerte eccezionali faccia aumentare il numero di libri venduti? Sconfiggere con un provvedimento statale la concorrenza dei colossi dell’e-commerce (Amazon in testa), aiuterà davvero le librerie indipendenti a sopravvivere? E, buon ultimo, si è così certi che le case editrici più piccole trarranno vantaggio da una legge che in sostanza vieta alle major di vendere best seller a pochi euro ma certo non offre nuove opportunità ai titoli minori? Dare risposte definitive, senza un riscontro fattuale, può essere azzardato. Resta il fatto che, se l’intento è proteggere le piccole case e le rivendite di città, la lotta intrapresa dal Parlamento sembra destinata a terminare con una sconfitta, così come succede ad altre piccole realtà commerciali che non riescono a costruirsi la propria nicchia. Il mercato, più o meno libero, sembra da tempo aver espresso la sua condanna per i piccoli librai incapaci di evolversi in più ampi centri culturali, mentre gli editori meno conosciuti quasi certamente non venderanno più volumi, perché la loro presenza sugli scaffali e la loro popolarità generale rimarrà scarsa. I lettori più assidui, quelli cioè che garantivano un alto numero di acquisti, anche tra i titoli meno noti, compreranno probabilmente meno libri a causa della mancanza dei super-sconti, mentre i lettori occasionali continueranno altrettanto probabilmente ad acquistare il best seller natalizio o i gialli estivi nella rivendita più vicina, non badando più di tanto al prezzo. Suona quindi strana la reazione positiva di editori e librai: “Una legge equilibrata che garantirà un’offerta plurale” , dice Paolo Pisanti, presidente dell’Associazione librai italiani, mentre Marco Cassini, cofondatore di Minimum Fax, sostiene che “La legge è un importante passo in avanti” , anche se “non è la migliore in assoluto e che alcuni aspetti, come ad esempio le sanzioni per chi non rispetta le regole, andrebbero comunque precisati” . Nessuno, a suo tempo, si è per altro posto il problema di salvare salumieri e negozi di dischi dall’arrivo di ipermercati e negozi di musica digitale: anzi, le indipendenti del disco hanno in qualche caso saputo utilizzare il web per allargare la loro attività e offrire ad artisti anche affermati soluzioni innovative di distribuzione e promozione in rete, attirando così nuovi appassionati. Da un punto di vista pratico, inoltre, aggirare la nuova legge è tutt’altro che complicato. Basta registrare il proprio negozio virtuale all’estero e poi rivendere i libri in lingua italiana al prezzo che si ritiene migliore. La nuova legge rischia dunque di danneggiare tutti, vittime o carnefici che siano. O forse no. Si potrebbe azzardare che le limitazioni agli sconti freneranno la bulimia da libri che affligge qualche sparuto italiano, e che dunque si leggerà meno ma con più attenzione. Nel frattempo, per consolazione, si può andare a rileggere il manifesto con cui Isbn, piccolo editore milanese che in pochi anni si è ritagliato un buono spazio sul mercato ottenendo successo di critica e pubblico, si presenta ai lettori. In poche righe si chiarisce che “Oggi il libro è solo uno degli oggetti di consumo che si spartiscono i nostri desideri. Le categorie di cultura alta e cultura bassa non sono più in grado di descriverlo. Oggi il libro compete non solo contro altri libri, ma soprattutto contro i quiz, i telefonini, le scarpe da ginnastica e ogni altra merce desiderabile” . Pessimismo esistenzialista, ma anche lucida coscienza moderna.
Addio ai grandi sconti sui libri

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