La famiglia di Aldo Moro e i parenti dei cinque agenti della scorta, uccisi nella strage di via Fani, hanno deciso di non partecipare alla visione in anteprima della fiction “Aldo Moro, il presidente”, realizzata da Taodue, casa di produzione specializzata in serie di successo che trattano soprattutto storie di personaggi che hanno segnato in modo significativo la vita sociale, politica e culturale del nostro Paese (basti pensare a “Maria Montessori”, “Nassirya”, “Karol, un papa rimasto uomo” e “Paolo Borsellino”). Questa volta la società di Pietro Valsecchi è incappata in uno sgradevole incidente diplomatico: la vedova dell’onorevole Moro ha fatto pervenire un lettera all’agenzia di stampa Apicom, con la quale esprime il suo disappunto e rammarico verso coloro che “in nome di uno share o di una pubblicità che oggi purtroppo fanno tendenza e, rappresentano, l’essenza unica della nostra vita sociale” avrebbero impedito loro la visione privata, lontana dagli occhi della stampa e della politica, della miniserie di prossima uscita. La famiglia, attraverso la missiva pubblica ha voluto denunciare il tentativo di sfruttamento mediatico del loro dolore, privandoli della possibilità di apprezzare il prodotto televisivo in modo più riservato e intimo. “Avevamo solamente richiesto, come unica condizione per essere tutti presenti, l’intimità dell’evento, anche perché in periodo di elezioni e per tutelare la nostra privacy e conseguentemente non sottoporla ad eventuali strumentalizzazioni politiche, nel pieno rispetto della memoria dei nostri cari che hanno sacrificato la loro vita per il bene del nostro amato Paese”. Da marzo, questa presentazione “veniva spostata ad aprile, tra varie giustificazioni presentate dalla segreteria di produzione della fiction, sino a che alcuni giorni or sono ci è giunto un invito della “Fondazione della camera dei Deputati” in cui l’attuale Presidente Pier Ferdinando Casini ci invitava all’iniziativa, da lui promossa, per la presentazione della fiction stessa (sicuramente all’oscuro di quanto già da mesi prima deciso).Non sappiamo quale funzionario di tale fondazione poi, in maniera arrogante e non qualificandosi, si sia a noi rivolto per farci comprendere come la nostra presenza non avrebbe fatto la differenza e che, la data del 23 aprile era inderogabile (come se sino ad oggi avessimo sempre cercato le luci della ribalta)”, spiega la signora Moro.
“Aldo Moro, il presidente”: la famiglia indignata diserta la prima

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