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Anche l’Italia cattura il più potente lampo gamma mai rilevato

raggi gamma dal sito www.ctdsb.net/

raggi gamma dal sito www.ctdsb.net/

Uno studio cinese racconta questa rilevazione avvenuta per la prima volta nel Capodanno del 2022. Tanti i contributi italiani, compreso l’autore, Stefano Covino dell’Inaf di Milano che ha dato ulteriori dettagli a Telepress.news.

Qualcuno fra i lettori più grandicelli ricorderà i raggi gamma di Jeeg Robot d’acciaio: fasci di luce emessi dagli occhi che non lasciavano scampo ai nemici nei corpo a corpo. Ebbene, la dotazione del robottone giapponese era nulla rispetto al più potente lampo di raggi gamma mai percepito da un telescopio ottico: quello osservato per la prima volta a Capodanno del 2022, grazie a un gruppo di ricerca internazionale guidato dalla Cina con il gruppo del Purple Mountain Observatory e condotto grazie ai dati del satellite Swift di Agenzia Spaziale Italiana e Nasa. 

GRB220101A – così viene indicato dagli scienziati – “non appartiene a una nuova categoria di lampi di raggi gamma, ma plausibilmente è un caso estremo fra quelli già noti”: così Stefano Covino, dell’Osservatorio astronomico di Brera, unico italiano tra gli autori dello studio pubblicato sulla rivista Nature Astronomy. Oltre a Swift, hanno osservato il fenomeno altri telescopi spaziali, come Fermi e Agile. E non appena i telescopi spaziali hanno segnalato il lampo di raggi gamma anche ai telescopi di Terra, questi ultimi hanno puntato la stessa zona del cielo: così, il telescopio cinese di Xinglong, con uno specchio di 2,2 metri, ha ottenuto la misura di distanza e determinato che l’evento è avvenuto quando l’universo aveva poco più di un miliardo d’anni.

Quindi quanto tempo fa e a che distanza è avvenuto? Risponde a Telepress.news lo stesso Covino: “In astrofisica, quando si parla di distanze molto più grandi della dimensione della nostra galassia, si indica lo spostamento verso il rosso, o redshift. In questo caso abbiamo il valore di circa 4,6. Anche se certamente criptico per il grande pubblico, è un valore rilevante. Siccome in astrofisica quando si osservano oggetti lontani nello spazio li si osserva come erano quando la loro luce è stata emessa, in pratica li si osserva “nel passato”. Quando GRB220101A è stato generato l’Universo aveva, appunto, un’età di poco più di un miliardo di anni, mentre l’età attuale è di quasi 14 miliardi di anni. A quell’epoca la nostra Terra, il Sole e tutto il sistema solare non si era ancora formato”.

Come hanno fatto gli studiosi a comprendere la grandezza del fenomeno? Spiega Covino: “Quando un telescopio ottico riceve la radiazione luminosa la converte in un’immagine sul suo rivelatore. E l’immagine che si crea per un oggetto puntiforme, come le stelle ma anche un lampo di raggi gamma estremamente lontano assomiglia al cappello a punta dei maghi“. Come quello di Gandalf ne “Il Signore degli Anelli”, per intenderci. “Con la fotometria – spiega il ricercatore – si misura l’estensione e l’altezza di questo “cappello” ma con GRB220101A ciò non è stato possibile in maniera semplice perché, prosegue Covino “la parte centrale dell’immagine era come tagliata e non consentiva di acquisire le informazioni necessarie”. Gli studiosi però non si sono arresi e, con i parametri a disposizione e le proporzioni che di solito caratterizzano queste immagini, sono riusciti a ricostruire la forma del cappello ex post. Oltre un anno di lavoro per un risultato da record.

di Daniela Faggion

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