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Apple smentisce, ma l’accusa di tracciare gli utenti finisce in tribunale

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Steve Jobs ha smentito seccamente, ma la possibilità che gli smartphone ottengano e conservino informazioni è già oggetto di una causa legale . Tutto è iniziato la scorsa settimana, quanto iPad e iPhone sono stati accusati apertamente di aggiornare costantemente la posizione dell’utente senza che ciò venga richiesto dalle applicazioni di gelocalizzazione e mediante rete wifi. Il numero uno di Cupertino ha smentito la notizia e ha puntato il dito contro il rivale giurato, Android di Google, che trasmetterebbe informazioni di posizionamento alle rete di advertising anche quando l’utente non è attivo. Anche BigG, ça va sans dire , ha negato di seguire i suoi clienti senza che loro diano esplicito consenso. Le reazioni dei due colossi del mobile non bastano però a placare l’ira degli utenti che si stanno organizzando per sottoporre la questione a chi di dovere. Negli Stati Uniti due cittadini hanno intentato una causa contro Apple , che potrebbe diventare il primo paso per una pericolosa class action e Corea del Sud, Italia, Germania e Francia si stanno organizzando per fare luce sulla questione. Il motivo di questa reazione di portata internazionale è chiaro: se davvero i sistemi operativi mobili agiscono come immenso archivio delle informazioni relative agli utenti, siano esse sugli spostamenti o sulle abitudini, la violazione della privacy è palese e l’uso che i suddetti marchi possono fare di questi dati, soprattutto a livello pubblicitario, è indiscriminato. Il bolla non è quindi destinata a dissolversi e ha già iniziato a scoppiare.

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