E’ sufficiente scorrere i credits per intuire il valore artistico del film tv Attacco allo stato trasmesso in due parti il 22 e il 23 maggio da Canale 5. La fiction sul conflitto tra le istituzioni e le cosiddette nuove Br (quelle che, per intenderci, hanno ucciso Massimo D’Antona e Marco Biagi) è stata prodotta dalla Taodue Film di Pietro Valsecchi su soggetto di Giovanni Bianconi, mentre Andrea Purgatori, un’altra importante firma del giornalismo italiano, è presente nel team della sceneggiatura. La scelta più felice di Valsecchi rimane però quella di Michele Soavi, il più preparato dei registi italiani dal punto di vista tecnico. Una scelta dettata anche dal fatto che Soavi proprio quest’anno ha diretto per il cinema Arrivederci amore ciao, un’opera dura che a sua volta affonda le radici nella storia del terrorismo. Un misurato Raul Bova, nella parte dell’agente della Digos Diego Marra, ha invece guidato un buon cast composto da ottimi caratteristi (un nome su tutti: Stefano Santospago per il delicato ruolo di Marco Biagi). Menzione speciale per la giovane Alina Nedelea, ammirata pure in Arrivederci amore ciao, qui in una parte chiaramente ispirata alla super-pentita dell’inchiesta reale (Cinzia Banelli). L’auditel ha premiato la programmazione di Canale 5 con una media di quasi sei milioni di telespettatori per entrambe le serate. Se dal punto di vista produttivo la fiction può essere giudicata come uno dei migliori momenti della stagione televisiva in corso, la sceneggiatura presta il fianco a qualche piccola critica, anche se giova ricordare che la stessa è stata apprezzata dalle vedove dei due giuslavoristi trucidati dalle Br. Sono stata un giudice severo – ha affermato Olga D’Antona -. Ho vigilato come un guardiano sulla memoria di mio marito, e credo che nel breve spazio del filmato sia stato fatto il possibile per rispettarne la memoria. Parole da sottoscrivere. Noi pensiamo che la fiction abbia solo perso un’occasione per scavare nelle motivazioni dei terroristi, aspetto assente nel racconto. Motivazioni folli finché si vuole (quando si commettono omicidi anche le presunte istanze sociali si annullano), ma dettate da un profondo senso di disagio. Quel disagio che le istituzioni forse non hanno mai provato a studiare seriamente per prevenire l’insorgere di bande armate più o meno politicizzate.
ATTACCO ALLO STATO CON LA GRIFFE DI SOAVI

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