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Basta un selfie per raccontarci

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Selfie . “ Fotografia fatta a se stessi, solitamente scattata con uno smartphone o una webcam e poi condivisa sui social network”. È questa la definizione che l’Oxford Dictionary dà di un tormentone social e mediatico degli ultimi anni, divenuto virale nel 2013. Secondo il programma che determina la classifica il suo uso è cresciuto del 17mila% nell’ultimo anno, prima parola inglese tra le oltre 150 milioni monitorate ogni mese sul web. Negli ultimi tempi la quasi totalità dei social network più famosi, partendo da Facebook fino ad arrivare ad Instagram, è invasa da questo fenomeno. Per i pochi che non lo sanno, è la moda di farsi autoscatti davanti allo specchio o semplicemente con il proprio smartphone o webcam senza l’aiuto di nessuno. In genere hanno più o meno tutte la stessa inquadratura: mezzo busto, una mano non si vede (perché regge lo smartphone), l’altra mostra il pollice in alto o, in alternativa, l’indice e il medio aperti a imitare la lettera V, il viso, senza espressione, atteggiato ad un sorriso più o meno intelligente, o labbra prominenti a rappresentare una posa imbronciata.  Queste foto sono lanciate nel mare di internet come pezzettini digitali di sé stesso da cui ci si può separare senza dolore fisico. Lanciate per espandere il più possibile la propria immagine. Lanciate per stabilire un contatto. Non c’è studio, non c’è posa nei selfie. Un pezzo di corpo che si stacca e viaggia in modo autonomo nella rete. Qualcuno addirittura gioca con i selfie, si ritrae tutti i giorni o quasi; alcuni vip hanno una produzione immensa di selfie. Tra tutti spiccano i 121 selfie, sull’account Twitter di Miley Cyrus, o i 271 selfie postati su Instagram da Snoop Dog. Il selfie ha origini in Russia agli inizi del ‘900 quando la duchessa Anastasia Nikolaevna, decise di scattare una foto della sua immagine riflessa allo specchio con la sua nuova macchina fotografica Kodak. In tempi più recenti ci sono stati altri scatti capaci di sfidare la banalità di un selfie del 2014. Da Helmut Newton nudo in un bagno d’ospedale appena sfuggito dalle grinfie dei medici a Cecil Beaton in giro con un Mick Jagger decisamente poco sobrio. Dal fanatico del selfie prima che il selfie fosse inventato, cioè Stanley Kubrick a Warhol e Bacon; da un malinconico Doisneau a un inedito Munch. Dall’icona Jackie O a Vivian Maier che si sperimenta in un gioco di specchi.  “Nel selfie – ha scritto l’antropologa dei media Chiara Giaccardi su Avvenire – la fotografia non è un contenuto, ma un medium, un connettore, un invito al dialogo a partire dalla propria quotidianità”. Al momento, i selfie sono ovunque e non vi sono previsioni su quando questa moda passerà. I giornali britannici riferiscono che i soli sudditi del Regno Unito arrivano a caricare oltre 35 milioni di autoritratti al mese.  In alcuni casi però non è sempre un innocente gioco social. In Italia se ne è parlato poco, ma l’autoscatto col cellulare di un giornalista di le Monde nella sala ovale della Casa Bianca,  con Hollande e Obama sullo sfondo, ha suscitato un vespaio di polemiche in Francia. Sul Novel Observateur, il noto cronista politico Bruno Roger-Petit, sostiene che quello scatto “rivela, una volta di più, le debolezze allucinanti della comunicazione del presidente Hollande e la tragica mancanza di autorità che l’accompagna’’. “Sotto Mitterand – osserva Roger-Petit –  non si si sarebbe mai potuto verificare un simile comportamento, che finisce per ridicolizzare il presidente’’ . Un selfie dunque dagli effetti devastanti, che, secondo il commentatore, è ” il riflesso dell’epoca’’ . L’ episodio ha addirittura indotto il sito 20minutes a lamentare che, ” già considerati come i peggiori turisti del mondo, ora i francesi hanno anche il discutibile onore di essere ritenuti dal servizio di sicurezza della Casa Bianca il popolo che ha i giornalisti più turbolenti’’. “I selfie ?” Sorride alla domanda il maestro della fotografia italiana, Gianni Berengo Gardin , inaugurando la sua mostra personale al Palazzo Ducale di Genova. “ Queste mode sono frutto del narcisismo – scherza – i nteressano solo a chi le scatta, agli altri non importa di vederle” . Un’immagine di qualità, riflette invece in un’improvvisata lezione di fotografia, “ è quella che dà emozione, che comunica qualcosa”. E imprime nella memoria dell’osservatore frammenti di storia: “Le fotografie di 40 anni fa raccontano delle cose che non ci sono più. Io ancora oggi fotografo ciò che prevedo scomparirà”. 

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