Google imita Twitter e pensa a un controllo nazionale dei suoi servizi, con la possibilità di oscurare i contenuti scomodi solo in alcuni stati. Benvenuti nel web del 2012, in cui i grandi attori della rete cominciano a porsi il problema dell’organizzazione dei contenuti oltre che della diffusione degli stessi. E i governi hanno spesso un’influenza sulla scelta di cosa è meglio pubblicare e cosa no: ecco quindi che Google, seguendo l’esempio di Twitter, apre alla gestione locale dei contenuti web. La compagnia di Mountain View valuterà, previa segnalazione degli enti governativi, la possibilità di cancellare post, immagini e video nei suoi servizi nelle nazioni in cui quei contenuti saranno ritenuti ‘ nocivi ’. I contenuti non saranno rimossi, ma resi invisibili in alcune parti del mondo. Una censura sottile, in apparenza meno invasiva, ma che nella pratica rischia di risultare ancora più efficace. BigG e Twitter non tengono conto di internet come ambiente aperto e globale, ma certo, se si considera la rete un mercato globale, evitare lo scontro aperto con governi e istituzioni locali significa non mettere a rischio guadagni importanti. E se le dichiarazioni dichiarazioni ufficiali parlano di tutela di privacy, diritti umani e chiusura a eventuali infiltrazioni estremiste, in Cina, Medio Oriente e Sud America già sorridono all’idea di poter spegnere blog e siti dei dissidenti con una semplice e-mail di protesta. Senza nemmeno sporcarsi le mani.
Censura parcellizzata

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