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Come suona la musica, ai tempi di internet

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Una fotografia scattata nel 2017 che prevede snodi decisivi nelle abitudini degli utenti: è uno scenario in rapida evoluzione quello tracciato dallo studio Global entertainment and media outlook di Pwc. Ad esempio il fatturato della musica digitale supera le vendite fisiche. Il mercato complessivo vale 53,8 miliardi di dollari nel 2017. A trainare è soprattutto la regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). Registrano un balzo in avanti le piattaforme online per lo streaming digitale e il download di film: il tasso di crescita annuale composito è in cinque anni del 27%.  Le anticipazioni parlano chiaro: per la Worldwide Developers Conference Apple, a San Francisco dal 10 giugno, il nuovo protagonista sarà iRadio, ovvero il servizio di streaming musicale gratuito, parallelo al negozio iTunes e contrapposto a Pandora, Spotify, Google Play e tutte le webradio. L’accensione dei server di Google Play Music ha probabilmente fornito la spinta necessaria a superare le difficoltà di lancio del servizio, legate soprattutto alla remunerazione dei diritti delle major discografiche le quali considerano Apple in grado di sostenere costi superiori alla concorrenza. Secondo il New York Times, soltanto Sony Music Entertainment e Sony/Atv non hanno ancora compiutamente deciso se accettare l’offerta di pagamento, a differenza di Warner Music che ha siglato un accordo completo pochi giorni fa e Universal Music che ha dato luce verde ma solo per uno dei due capitoli in discussione. Il modello di remunerazione, secondo il Financial Times, prevede una parte fissa svincolata dal numero di tracce riprodotte, una royalty simile a quella pagata da Pandora per blocchi di 100 tracce e una quota della pubblicità inserita verosimilmente tagliata sul profilo dell’ascoltatore, in aggiunta al scenario di aumento diretto delle vendite tramite iTunes Store che conta 500 milioni. Un altro cambiamento si avrà dall’icona della pirateria digitale, che diventa distributore legale di musica. È passato oltre un decennio da quando Napster, il programma di file sharing per eccellenza, è stato costretto a chiudere i battenti per ripetuta violazione del copyright. A 12 anni di distanza, la pirateria sul web è tutt’altro che sconfitta, ma i portali e le app che permettono di ascoltare musica legalmente si moltiplicano. È in un mercato più maturo rispetto a dieci anni fa, in cui l’idea di comprare musica anche su internet è ben accetta dai più, che Napster torna in Italia, con un portale che propone – al costo mensile di 9,95 euro – oltre 20 milioni di titoli a disposizione degli appassionati che possono essere ascoltati anche su smartphone e tablet grazie a un app per iOs e Android. “Sul fronte digitale nel 2012 il mercato italiano è cresciuto del 29.5% in più rispetto all’anno precedente”, afferma Thorsten Schliesche,vice presidente e general manager per l’Europa, “È così importante lanciare Napster in un mercato che ha già mostrato un 13% di crescita nel primo quadrimestre 2013: ciò significa che possiamo contribuire a questo così positivo trend attraverso un’offerta molto particolare e innovativa”. Oltre al lancio odierno in Italia, Napster viene presentato in altri 13 paesi europei (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Francia, Lussemburgo, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Olanda), mentre è già affermato in Germania, Regno Unito e Usa. “Il nostro obiettivo è offrire agli appassionati la possibilità di scoprire la musica in modo flessibile e personale, sia che si tratti delle ultime performance dei grandi artisti internazionali o di nuovi album di artisti locali emergenti” ha detto Jon Irwin. “Per la diffusione di Napster abbiamo puntato su strategie di partnership al fine di consentire l’ascolto agli utenti sui dispositivi preferiti, ovunque abbiano a trovarsi”.

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