Non è passata inosservata l ‘iniziativa del governo cinese , che prevede l’inserimento di un filtro alla navigazione nei computer commercializzati nella regione asiatica. Reazioni di dissenso arrivano dall’interno del paese e dagli Stati Uniti. Un sondaggio pubblicato dal Beijing Times di oggi evidenzia che l ‘83% degli interpellati ritiene che l’installazione obbligatoria del software sia una “violazione” della privacy. Il 74% è scettico sull’utilità della stessa e il 93% dichiara di non aver intenzione di pagare un costo addizionale per il software, che verrà applicato d’ufficio ai cartellini dei computer venduti a partire dal primo luglio. Una netta presa di posizione è stata presa anche negli States, dove un gruppo che che rappresenta aziende di information technology ha invitato la Cina a riconsiderare l’inserimento di Green Dam, questo il nome del programma incriminato che dovrebbe arginare la diffusione di materiale pornografico ma rischia di diventare uno strumento di controllo delle notizie con le quali entra in collisione il popolo cinese. ” L’ Information Technology Industry Council, la Software & Information Industry Association, la Telecommunications Industry Association e TechAmerica chiedono al governo cinese di riconsiderare l’idea di implementare nei pc il software che agisca da filtro e accoglierebbero di buon grado un dialogo a questo proposito – si legge in un comunicato congiunto – Crediamo che ci dovrebbe essere un dialogo aperto sulle norme che regolano l’immissione sul mercato di software di parent control, in modo che vengano rispettate la libertà di espressione, la privacy, l’affidabilità del sistema, la libera circolazione delle informazioni, la sicurezza e la possibilità di scelta da parte dell’utente”.
Filtro web sui pc cinesi: proteste interne al paese e dagli Usa

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