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Gli italiani secondo il Censis: inquietudini e antidoti sorprendenti

grigorii-shcheglov-italiani-unsplash

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Il consueto rapporto annuale dell’Istituto di ricerca racconta un Paese in una fase “selvaggia” e concentrato sullo smartphone

Ogni dicembre il Censis, storico istituto di ricerca nato a Roma nel 1964, consegna al Paese una sorta di ritratto collettivo degli Italiani. Il Rapporto annuale – siamo arrivati al numero 59 – racconta non solo come viviamo, ma anche come ci sentiamo, cosa temiamo, cosa desideriamo. E quest’anno la fotografia è particolarmente densa, a tratti cupa, a tratti curiosamente vitale.

L’immagine che emerge è quella di un’Italia che attraversa una fase definita “selvaggia”, un tempo in cui l’arte di arrangiarsi e sorridere in ogni occasione sembra sopraffatta dalla paura. Molti Italiani guardano alle istituzioni con crescente scetticismo, mentre un 30% ritiene che modelli di governo autoritari siano più adatti ai tempi. È un segnale che pesa, aggravato dall’astensionismo record delle ultime elezioni politiche, in cui più di un terzo degli aventi diritto ha scelto di non presentarsi alle urne. La fiducia nella politica appare sfilacciata: secondo il 72% della popolazione, partiti e leader non sono più capaci di essere un punto di riferimento.

Sul fondo di questa sfiducia scorre il grande tema economico che il Censis considera l’architrave di tutto il resto: il debito pubblico. L’Italia oggi spende oltre 85 miliardi l’anno solo per pagare gli interessi, più di quanto riesca a investire. È un macigno che incide sulle possibilità presenti e future, che condiziona le scelte di bilancio e crea l’impressione di vivere in un Paese costretto più a inseguire che a progettare.

Accanto alle fragilità economiche si muove un altro elemento cruciale: il declino del ceto medio, da decenni considerato la spina dorsale del Paese. Il rapporto mostra come il numero degli imprenditori si sia ridotto di quasi 600 mila unità in vent’anni, mentre i giovani titolari d’azienda sono praticamente dimezzati. Le retribuzioni reali risultano ancora inferiori ai livelli del 2007 e il potere d’acquisto complessivo è calato. È un lento logoramento che produce incertezza e una sensazione strisciante di precarietà sociale.

Gli Italiani, dice il Censis, reagiscono all’ansia esistenziale come possono. E molto spesso lo fanno tornando a un’energia primordiale: il sesso. Nonostante la retorica del declino e il peso dei problemi quotidiani, la vita intima appare vivacissima. Nella fascia 18-60 anni più del 60% ha rapporti con cadenza settimanale e tra i più giovani la percentuale è persino superiore. È un dato che il Censis legge come una sorta di “auto-terapia collettiva”, un modo per mettere distanza dalle paure e tenersi ancorati a un desiderio che, per fortuna, non arretra.

Diverso invece il capitolo dedicato alla cultura, dove la tendenza è opposta. In vent’anni la spesa delle famiglie per libri, giornali e attività culturali domestiche è crollata, mentre è esploso il budget dedicato a smartphone, computer e connessioni. Nonostante questo, cinema, teatri ed eventi dal vivo continuano ad attirare pubblico: almeno un italiano su cinque nell’ultimo anno ha partecipato a uno spettacolo. È una fedeltà intermittente ma significativa, in un mercato culturale che cambia forma a vista d’occhio.

Il Rapporto si chiude con uno dei temi più sensibili: la demografia. L’Italia continua a invecchiare e lo fa velocemente. Oggi quasi un quarto della popolazione ha più di 65 anni, mentre il numero dei centenari è in crescita impressionante. Gli immigrati – circa il 9% dei residenti – rappresentano una risorsa potenziale per frenare il declino, ma restano spesso confinati ai margini. Inoltre, una parte consistente degli Italiani guarda con freddezza alle politiche di inclusione: la maggioranza ritiene che i flussi vadano limitati e pochi sarebbero favorevoli ad ampliare i diritti di cittadinanza.

Il Censis, come accade ogni anno, non si limita a scattare una foto: la sviluppa. E il risultato è un’Italia spaventata ma non rassegnata, fragile ma non immobile, diffidente verso la politica ma sorprendentemente vitale nella sua sfera privata. Un Paese che oscilla tra ombre e reazioni, tra debolezze strutturali e una vitalità che, nonostante tutto, trova sempre un modo per emergere.

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