Tanto rumore per nulla? Forse. Google, dopo le recenti schermaglie con il governo cinese , ha dichiarato di non voler lasciare il mercato asiatico , ma di avere comunque intenzione di opporsi all’applicazione dei filtri governativi sulle ricerche via web. Il colosso di Mountain View, al di là degli slanci democratici (nei giorni scorsi ha reso visibili termini e fotografie proibite dalla rete cinese, come quelle riguardanti il Dalai Lama), non ha alcuna intenzione di lasciare nelle mani di Microsoft e del suo search engine Bing il ricco bottino d’estremo oriente. La casa di Redmond si era detta infatti contraria a qualsiasi ritorsione commerciale contro Pechino , annunciando la volontà di ampliare la sua influenza nella regione asiatica, facendo quindi presagire una discordanza con le posizione di Google. Certo, BigG ha sfruttato i dissidi con la nuova potenza mondiale per rispolverare la sua immagine di marchio ‘puro’, offuscata proprio dallo sbarco in Cina e dall’iniziale accetazione delle norme legislative locali, molto restrittive in materia di libertà sul web. Ora bisognerà seguire l’evoluzione della diatriba, commerciale ma innazitutto politica, tra il nome più importante della rete e quella che senza dubbio è la nuova frontiera internet , la Cina appunto. Che, come tutte le frontiere, è insieme sinonimo di slancio, conquista rapace, novità culturale e, chiaramente, illusione prossima a svanire.
Google, retromarcia cinese

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