Doveva essere un esperimento, forse un gioco per ravvivare il primo di aprile del 2004, ma Gmail, nato esattamente dieci anni fa, è divenuto il servizio di posta elettronica più popolare del pianeta , con 425 milioni di iscritti (al dicembre 2012). All’epoca, le funzioni proposte da BigG per le sue caselle e-mail sembravano incredibili e il motore di ricerca non dominava l’intero comparto web come fa oggi: così ci fu chi pensò a uno scherzo. YouTube, Google+ e le mappe interattive sarebbero arrivati dopo. All’epoca, la società offriva 1 gigabyte di memoria d’archiviazione, mantenendo tutti i materiali e i dati sui propri server , non pesando sui computer degli iscritti: “L’equivalente di 500mila pagine di e-mail. Per utente”, diceva il comunicato di lancio di Gmail. Uno spazio inimmaginabile nel 2004, ma oggi moltiplicato per quindici, se si considera che i gigabyte gratuiti offerti da BigG sono, appunto, 15. Numeri che spiegano la frenesia dell’evoluzione tecnologica, con tutti i vantaggi e i rischi del caso. Il risultato del pesce d’aprile fu un successo non preventivato e la diffusione del sistema di posta rapida : Gmail si è via via integrato ai diversi servizi di Google, diventando raccordo tra il social Plus, il cloud Drive, l’agenda di Calendar e YouTube; l’indirizzo di posta dell’utente definisce un account unico che permette l’accesso anche al mondo Android (smartphone e tablet), raccoglie e distribuisce dati indirizzando i suggerimenti del motore di ricerca e favorendo lo scambio di informazione tra gli internauti e la compagnia (a discapito della privacy, sostengono i critici). I limiti di un’organizzazione ipercentralizzata e al tempo stesso ramificata e capillare, che raccoglie miliardi di informazioni quotidianamente, sono emersi negli ultimi mesi con lo scandalo Datagate , nel corso del quale BigG è stato uno degli obiettivi privilegiati dell’intelligence americana, che spiava le ricerche e le comunicazioni degli internauti anche attraverso Gmail. Il gioco, sin qui, è comunque valso la candela: chi ha memoria sufficiente per ricordare i disagi delle caselle di posta pre-Gmail reagirà con raccapriccio al memento dei disagi e delle ore spese nell’organizzare le missive lette, quelle da leggere, nel tentativo di filtrare correttamente i messaggi, archiviarli o cercarli nel marasma degli account di fine anni ‘90, con spazi d’archivio inferiore ai 10 megabyte. Milioni di navigatori della rete dovrebbero mandare un pensiero affettuoso a Paul Buchheit , che dopo essersi fatto le ossa a Intel, decise di diventare il 23esimo dipendente di Google ed ebbe la lungimirante idea – riprendendo un progetto risalente al 1996, quando ancora frequentava il college – di dotare il motore di ricerca di un servizio e-mail. L’inventore di Gmail è lo stesso che poi ha curato lo sviluppo di AdSense, piattaforma pubblicitaria che fa la fortuna di Google e giostra (più o meno indisturbata) il settore dell’adv online. La rete moderna gli deve parecchio, non ultima la nascita di un servizio di posta elettronica ‘serio’, in cui i nickname strambi o infantili sono una minoranza e in cui le funzioni vengono costantemente aggiornate, mantenendo il livello di efficienza altissimo. L’internet adulto, più professionale e meno naif è cominciato (anche) qui.
I dieci anni di Gmail e del web serio

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