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Il fiato corto dell’editoria italiana

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L’editoria mangia polvere e patisce la crisi come poche altre industrie. L’Italia non fa eccezione e, come spesso è capitato negli ultimi anni, si susseguono gli appelli per l’organizzazione di un tavolo tra addetti ai lavori e istituzioni, al fine di trovare almeno delle soluzioni tampone che fermino il crollo di settore.   “In particolare lo sciopero dichiarato dai giornali del Gruppo Espresso – dice un comunicato dell’Associazione stampa romana -, segnala come i grandi gruppi editoriali siano tentati di proseguire sulla strada della riduzione del costo del lavoro, in particolare quello giornalistico, come unico strumento di governo della crisi” . Nel frattempo, Rcs Media Group sta provvedendo a una severa ristrutturazione del comparto magazine, che dovrebbe portare alla chiusura di quattro testate ( Il Mondo , A e Novella 2000 le più probabili) e al taglio del 10% del personale di redazione.  Le associazioni locali e i sindacati denunciano l’inettitudine dei vertici dell’industria , incapaci di proporre nuovi modelli di business adatti all’era digitale, mentre i piani di ridimensionamento si diffondono come funghi senza veri progetti per il medio termine.   Governo, Fieg e Fnsi faticano a dialogare , anche a causa della palese assenza di risorse che finanzino la ripresa. I passaggi ineludibili perprovare a ripartire sono la revisione delle leggi sull’editoria (per evitare la richiesta inopinata dello stato di crisi di testate non in difficoltà), una discussione seria sui finanziamenti pubblici al settore (che dovrebbero cessare nel 2015), un investimento serio e mirato sulle piattaforme digitali (fonte e destinazione stimolante per la creazione di contenuti ad hoc). L’editoria come la si conosceva non esiste più, ma non per questo deve cessare di esistere in toto.

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