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Il futuro dell’intelligenza artificiale diverso da ChatGPT

Quale futuro per AI - ph. geralt

Quale futuro per AI - ph. geralt

Andrea Soltoggio lavora in Gran Bretagna e ha firmato uno studio corale sui possibili sviluppi dell’AI. Secondo il suo gruppo di lavoro sarà come Star Trek, o più semplicemente come il genere umano

C’è una ricerca finanziata da DARPA e firmata da uno studioso italiano come primo autore dietro il futuro dell’Intelligenza artificiale descritto sulla rivista Nature Machine Intelligence. È  Andrea Soltoggio che lavora all’università di Loughborough, nel Leicestershire, non lontano da Nottingham. Lo studio che ha pubblicato in collaborazione con i più avanzati laboratori al mondo (MIT, Yale, UCLA e molti altri) sostiene che i sistemi di AI in un futuro non troppo lontano potranno riutilizzare e condividere a livello globale la conoscenza che avranno acquisito, in una rete di tante unità indipendenti. Qualcosa di simile ai Borg immaginati nell’universo fantascientifico di Star Trek: esseri con una sorta di “mente alveare” collettiva. In fondo, però qualcosa di molto simile anche a quanto fa il genere umano, in cui nessuno da solo sa tutto, ma come specie possiamo dire di aver organizzato la conoscenza e il modo per farla ulteriormente evolvere.

Ecco il collegamento allo studio originale che Soltoggio chiede a Telepress di condividere. Qui si spiega la visione della futura intelligenza artificiale, con molte unità separate in grado di apprendere in modo indipendente nel corso della vita e di condividere le proprie conoscenze tra loro. La sinergia tra apprendimento permanente e condivisione ha il potenziale per creare una società di sistemi di intelligenza artificiale, poiché ogni singola unità può contribuire e trarre vantaggio dalla conoscenza collettiva.

Essenziale per questa visione è la capacità di apprendere molteplici competenze in modo incrementale nel corso della vita, scambiare conoscenze tra unità attraverso un linguaggio comune, utilizzare sia i dati locali che la comunicazione per apprendere e fare affidamento su dispositivi specifici per ospitare i necessari calcoli e dati decentralizzati. Il risultato è una rete di agenti in grado di rispondere rapidamente e apprendere nuovi compiti che collettivamente detengono più conoscenza di un singolo agente e che possono estendere la conoscenza attuale in modi più diversi rispetto a un singolo agente. Certo, bisogna capire quale conoscenza dovrebbe essere condivisa e quando condividerla, per massimizzare sia il tasso di apprendimento a lungo termine.

Il mondo dei ricercatori che ruotano attorno all’Intelligenza Artificiale nel mondo lavora per far convergere tutti i progressi scientifici in questo ambito verso nuovi tipi di sistemi di intelligenza artificiale scalabili, resilienti e sostenibili. Destinato ad avere vita breve parrebbe invece il prototipo dei sistemi attuali come ChatGPT, “costosi, non condivisibili e non duraturi” spiega la ricerca. In ChatGPT manca peraltro una forma di controllo sulle informazioni che vengono raccolte, rielaborate e diffuse. Con un sistema “ad alveare” ogni unità manterrebbe comunque la sua individualità e, se opportunamente istruita per distinguere le informazioni lecite da quelle nocive, potrebbe quindi intervenire contro i tentativi di diffondere informazioni pericolose o non etiche.

di Daniela Faggion

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