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La Cina si oscura

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Nell’ex impero celeste si stringe la morsa della censura sull’informazione e sul web. Oscurati siti di video sharing e poca libertà di movimento per i giornalisti. In questi giorni la Cina è nell’occhio del ciclone per ciò che sta accadendo in Tibet. Le informazioni che arrivano sono poche e confuse e riescono a uscire dal paese con il contagocce. Qualche giorno fa le autorità del paese hanno bloccato l’accesso a YouTube, dove erano accessibili video che mostravano le sommosse a Lhasa, e l’accesso a Google News. Ora la stretta sulla libertà di informazione su internet si fa ancora più pesante: le autorità cinesi hanno ordinato oggi la chiusura di 25 siti internet di video-sharing. Hanno inoltre notificato avvisi a numerosi altri portali. Fra i siti incriminati Tudou , uno dei più popolari siti web cinesi sostenuto da Granite Global Ventures, Idg China e Jafco. Già alla fine del 2007 Pechino aveva annunciato che solo le società statali o controllate dallo stato avrebbero potuto chiedere una licenza per trasmettere video online. In realtà le regole erano poco chiare e questo ha creato confusione nel settore. L’associazione a difesa delle libertà di stampa Reporters Sans Frontières denuncia i metodi con i quali le autorità cinesi impediscono ai giornalsiti di fare il loro lavoro in Tibet e chiede “un immediato e incondizionato ritorno della stampa straniera in Tibet e nelle province vicine dove è presente una popolazione tibetana”. Rsf denuncia anche che gli internet cafè sono costretti a intensificare la sorvegianza sugli internauti. ”Le autorità cinesi vogliono trattare il problema delle manifestazioni tibetane con la forza e il silenzio” sottolinea Rsf. 

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