Il settore del download legale è in continua ascesa e la discografia incassa felice, mentre il segmento tradizionale perde quote. La musica digitale comincia a rappresentare il vero traino dell’industria discografica in Italia. Il settore discografico nel 2005 in Italia è calato del 4,9%. A questo dato negativo fa da contraltare l’ottima performance del valore della distribuzione digitale che registra un +101%. E’ quanto emerge dal ‘Rapporto 2006 Economia della musica in Italia’ del Centro Ask (Art, science & knowledge) dell’Università Bocconi, realizzato con la collaborazione di Dismamusica (Associazione distribuzione industria strumenti musicali e artigianato), Fem (Federazione editori musicali) e Scf (Società Consortile Fonografici). Il sistema musicale italiano nel 2005 ha invece fatturato 3,1 miliardi di euro, con una crescita del 3,6% rispetto ai 2,99 miliardi del 2004. Il rapporto rivela una crescita dei diritti discografici, una stabilità dei mercati degli strumenti musicali e degli spettacoli dal vivo e una flessione del 10% del ballo. L’Italia si piazza all’ottavo posto nel mondo nel settore discografico per valori generati, con un fatturato 18 volte inferiore agli Usa e cinque al Regno Unito (primo in Europa). Il nostro paese è quarto in Europa per i prodotti digitali discografici e davanti a mercati come Canada e Australia. Nel 2005 sul fronte del consumo finale il mercato discografico ha registrato un fatturato di 397 milioni di euro, con una contrazione del 4,9% rispetto al 2004. Si tratta di una tendenza in atto da qualche anno e che, secondo il rapporto, sottolinea la progressiva sostituzione delle forme di fruizione tradizionali di musica con quelle legate alle tecnologie digitali. Il valore totale del fatturato di musica in formato digitale distribuita attraverso i nuovi media nel 2005 è stato di 283,2 milioni, con una crescita del 101% rispetto al 2004. Il valore dei brani venduti attraverso internet è cresciuto del 427%. Il rapporto evidenzia anche che nel 2005 il valore di suonerie monofoniche e polifoniche, che sono ‘adattamenti semplificati dei brani’ era di 280 milioni (fonte: Osservatorio Mobile Vas del Politecnico di Milano). Da notare che i Vas musicali rappresentano l’84% di tutti i servizi di personalizzazione (che comprendono anche loghi, sfondi, temi, wallpaper, ecc.) e il 30% dell’intero mercato Vas (costituito anche da giochi, servizi di comunicazione e community, infotainment, video e musica online). “I risultati illustrano un cambiamento strutturale oramai irreversibile. Fino a pochi anni fa, infatti, il sistema musica ruotava attorno a un’industria dominante, la discografia, che ne determinava gli sviluppi – spiega Andrea Ordanini, che ha coordinato la ricerca per il Centro Ask -. Oggi, e ancor di più in futuro, il music business si presenta come un sistema aperto, dove differenti soggetti sperimentano nuove modalità di sfruttamento economico dei contenuti musicali, dalle suonerie telefoniche alle sincronizzazioni pubblicitarie”. L’attività di consumo di musica attraverso i new media ha fatto scaturire per il 2005 un flusso di diritti d’autore raccolto dalla Siae pari a 10,5 milioni di euro, con un forte incremento (+313%) rispetto all’anno precedente. Secondo il rapporto “questo dato è determinato da un lato dalla crescita delle utilizzazioni di musica digitale in generale, dall’altro dal passaggio, all’interno di questo segmento, verso forme di consumo digitale sempre più assimilabili alle tradizionali modalità di fruizione della musica, fatto che ha portato al chiarimento del quadro normativo a applicativo di riferimento”. In precedenza, ad esempio, l’utilizzo di suonerie monofoniche e polifoniche era sottoposto a un regime di diritto d’autore poco chiaro e difficilmente applicabile. Secondo Ask “le problematiche legate alla proprietà intellettuale vanno risolvendosi grazie a soluzioni tecniche di Digital Rights Management (Drm) sempre più raffinate”. Secondo lo studio i diritti d’autore riconducibili al consumo intermedio di musica possono essere valutati in 209,7 milioni di euro, rispetto ai 174,4 del 2004. In questo quadro si riconosce il ruolo significativo di radio e tv che generano da sole, tra diritti di diffusione e riproduzione, un valore di 151,8 milioni. Recentemente Enzo Mazza, presidente della Fimi – la Federazione dell’industria musicale italiana, aderente a Confindustria – aveva sottolineato che “la musica liquida ha già raggiunto l‘8% del mercato discografico italiano e vi sono ottime prospettive di crescita grazie alle offerte derivanti da tecnologie e modelli di business flessibili, sempre più vicini alle necessità dei consumatori” Il decollo definitivo della musica in formato digitale è previsto anche dalla società di ricerche iSuppli che stima che entro il 2010 le vendite di musica da scaricare su computer o telefono portatile raggiungeranno quota 14,9 miliardi di dollari. Il mercato della musica distribuita in modo tradizionale era a 27,3 miliardi di dollari nel 2005, ma gli analisti prevedono che crollerà a 19,6 miliardi nel 2010. Nel 2006 la distribuzione digitale di musica rappresenterà il 12% dei ricavi totali della discografia nel mondo. Secondo iSuppli la percentuale è destinata a salire al 40% entro il 2010. A trainare gli ottimi risultati della musica digitale sarà la diffusione sempre più capillare della banda larga. La telefonia mobile è destinata ad avere un ruolo importante come canale distributivo. Da una ricerca di Forbes emerge che entro la fine dell’anno ci dovrebbero essere un miliardo di telefoni cellulari. 250 milioni di questi saranno anche lettori di musica e questo tipo di terminali arriverà a quota 800 milioni entro il 2009. • Simona Montella Universal cerca accordo con Apple La musica online comincia a fare decisamente gola anche alle case discografiche, prima su tutte la Universal che dopo aver stretto un accordo con Microsoft per avere una quota su ogni lettore portatile Zune venduto, potrebbe tentare di fare lo stesso con Apple. L’amministratore delegato di Universal Music, Doug Morris, ha detto che la major discografica potrebbe cercare di negoziare una licenza da fare pagare ad Apple per ogni iPod venduto. Secondo Universal, controllata dalla francese Vivendi, questa ‘imposta’ sarebbe necessaria perché spesso i lettori Mp3 contengono musica rubata. A proposito dell’accordo con Microsoft, Morris aveva dichiarato che si trattava di “una vera pietra miliare per la nostra società e i nostri artisti. Questa iniziativa dimostra che può esistere una situazione vincente per entrambe le parti: i consumatori vivono un’ottima esperienza e le etichette discografiche e gli artisti vengono adeguatamente ricompensati”.
La musica suona in digitale

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