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La pubblicità conquista gli italiani

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Il 48% del pubblico italiano apprezza gli spot televisivi. Lo rivela un sondaggio realizzato da Ipsos su un campione di 1.400 italiani per un convegno promosso dal Dipartimento Informazione DL Margherita. Il Ministro Gentiloni interviene su sovraffollamento e qualità Diverse le ragioni che portano a non disdegnare le réclame: è piacevole (27%), utile per il consumatore (33%), negli anni è diventata più curata (68%), convincente (53%), originale (52%). Gli spot piacciono in particolare al pubblico multimediale (cioè che usa anche la radio, i giornali e internet, 18-30 anni, laureati e attivi in professioni elevate): il 64% di questa categoria li valuta positivamente. Voto più per il 44% dei lettori (31-45 anni, scolarità elevata, impiegati o insegnanti), il 48% dei radiotelevisivi, il 41% per i telesclusivi (categorie assimilabili agli over 65, con bassa scolarità, per lo più composta da pensionati e casalinghe). Il 65% del campione è convinto che gli spot influenzino gli stili di vita e di consumo. Tra le caratteristiche della pubblicità, quelle che più colpiscono sono la musica (37%, specie per il pubblico dei lettori), i personaggi (25%, specie per i telesclusivi), il racconto o la storia (21%, con prevalenza dei multimediali). Gli spot hanno anche un ruolo sociale: per il 56% del campione sono capaci di anticipare i cambiamenti della società, percentuale che sale al 62% per il pubblico multimediale. Gli intervistati non sono dei nostalgici e considerano gli spot di oggi sono più curati (68%), più convincenti (53%) e originali (53%), ma il 54% li ritiene anche meno divertenti di quelli del tempo di Carosello. La ricerca Ipsos classifica l’atteggiamento degli italiani verso gli spot in quattro gruppi: i sostenitori (28%), che la considerano in modo positivo e giudicano le interruzioni un costo accettabile; i saturi (20%), che provano disagio per le interruzioni troppo numerose; gli indifferenti (9%), che la guardano con distacco; i critici (42%), che provano un fastidio più o meno manifesto nei confronti dei break pubblicitari. Secondo il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, intervenuto al convegno, “questo ‘fifty fifty’ fra chi la ama e chi no, non rivela una frattura trasversale, rappresenta una fotografia molto realistica. Non penso che nel nostro Paese ci sia un atteggiamento antipubblicitario del pubblico e del resto la televisione è nata con Carosello. La discussione si apre sul numero delle interruzioni pubblicitarie, sulla diffidenza che c’è verso questa sorta di ‘bulimia pubblicitaria’, di eccesso di quantità”. Per il Ministro “le risorse devono essere distribuite in modo più competitivo ed equilibrato, evitando i rischi di sovraffollamento” e “l’eccesso di concentrazione”. Non si tratta solo di un problema di “posizioni dominanti nel mercato della pubblicità – ha detto Gentiloni – ma anche un problema di grandi imprese televisive, come Rai e Mediaset, che non possono immaginare di puntare nei prossimi anni solo sugli introiti da spot. Così non si andrebbe molto lontano”. Bisogna, in particolare, ridurre la dipendenza della Rai dalla pubblicità, “immaginando un modello in cui gli spot non siano così determinanti per la programmazione e non rendano la tv pubblica così simile a quella commerciale”. La pubblicità “è una parte della televisione, quindi una buona pubblicità aiuta anche ad avere una buona televisione – sottolinea Gentiloni -. C’è un problema di misure perchè un eccesso di interruzioni pubblicitarie rischia di essere alla fine controproducente. Credo che una riorganizzazione del nostro sistema televisivo in cui soprattutto la televisione pubblica non sia troppo dipendente dalla pubblicità sarebbe utile e importante”

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