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La tecnologia in classe

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Una rivoluzione per la scuola. Finanziamenti alle Regioni per 45 milioni di euro, 2mila classi 2.0, 100mila lavagne digitali, centinaia di migliaia di tablet negli zaini, tutti i libri in formato elettronico e conversione del tetto di spesa per la famiglia allo scopo di finanziare l’acquisto dei tablet. “I ragazzi – dice Giovanni Biondi, capo dipartimento programmazione del Miur – diventeranno portatori di virus digitale nelle famiglie: grazie a loro supereremo il digital divide della scuola prima e quello nazionale poi”. È la rivoluzione per la scuola, così com’è stata pianificata dall’Agenda digitale del governo Monti. Un piano ambizioso, che prevede l’uso massiccio delle nuove tecnologie per cambiare il volto alla didattica del Belpaese, da sempre abituato a una scuola tradizionale e che solo di recente ha scoperto l’insegnamento per competenze e una didattica professionalizzante. “In quelle scuole in cui non ci sia una contemporanea azione di formazione per gli insegnanti – dice Biondi – non verranno portati avanti tutti i cambiamenti. L’obiettivo non è imparare ad accendere e spegnere i computer, ma portare le tecnologie dai laboratori nelle classi, per la didattica vera: gli insegnanti sono la chiave”. Al Manzoni di Bologna da settembre hanno rottamato libri, quaderni e dizionari. Si fa tutto con l’Ipad. La sperimentazione coinvolge due classi, una prima dell’istituto tecnico e una seconda dello scientifico. Una quarantina di alunni, altrettanti schermi luminosi. Lo zaino è leggero, anzi leggerissimo: qualche penna, un quaderno per gli esercizi di matematica e fisica e l’inseparabile tablet. Il professore proietta l’e-book sullo schermo, gli studenti sottolineano e prendono appunti dal tablet, scaricano le dispense da Dropbox, si connettono a internet tramite wireless. Unico neo, il costo. “L’acquisto del tablet è a carico degli studenti, noi lo forniamo ai professori – spiega la dirigente scolastica Giovanna Degli Esposti -. Ma abbiamo calcolato che dato il risparmio sull’acquisto dei libri, i genitori possano rientrare della spesa in un paio d’anni”. Gli studenti sono entusiasti. “Posso fare i compiti dove voglio, anche sull’autobus”: il tablet è organizzato per materie, un cassetto per i compiti, uno per gli appunti. In Italia, le sperimentazioni come questa si contano sulle dita di una mano. Ha cominciato un liceo pubblico di Bergamo, il Lussana, l’anno scorso. Il Manzoni ha seguito la sperimentazione passo passo ed è partito quest’anno. Ora è la Bocconi a guardare con interesse il test di Bologna.      Oltre a questo, nel capitolo scuola dell’agenda digitale c’è anche una parte di back office: dematerializzazione delle segreterie, cioè via a tutta la carta a partire dai registri, creazione dei fascicoli di professionalità dei docenti e degli studenti all’università, e poi una complessa rete di opportunità per valorizzare l’uso delle tecnologie informatiche da parte dei ragazzi. “Se i ragazzi fanno attività con genitori o nonni – dice Giovanni Biondi – c’è la possibilità di dare loro crediti formativi che poi si useranno con l’esame di maturità; ancora, gli studenti di informatica all’università avranno sconti sulla retta se adotteranno una micro impresa dando il loro expertise sul campo, per aiutare a fare marketing online e gestione dei server quelle aziende così piccole da non avere il fiato per utilizzare le Ict. E poi ci sono iniziative analoghe su disabilità e telelavoro. Insomma, una rivoluzione completa” Diciannove Paesi, 402 partecipanti, tra cui 81 finalisti. Questi i numeri della sesta edizione del Global Junior Challenge, il concorso internazionale che premia l’uso innovativo delle tecnologie per l’educazione. Internet, realtà virtuale e sistemi multimediali per andare avanti, per creare nuove funzioni. E’ questo lo scopo dei progetti creati dalle scuole di tutto il mondo, dalle associazioni, istituzioni pubbliche e private, da cooperative e università, da aziende o da singole persone. Arrivati da ogni parte del mondo, dal Nepal così come dal Perù o il Malawi, da Islamabad, dal Pakistan, Kaohsiung, Taiwan. Anche l’Africa con Camerun, Kenya, Uganda, Egitto, Malawi, Ghana ha partecipato mentre il Brasile ha presentato il progetto Radio Storia, della scuola Fundação Torino di Belo Horizonte, una radio virtuale che racconta eventi importanti della storia nazionale. I progetti presentati dall’Italia sono stati 296, al secondo posto con 11 idee presentate c’è la Romania, al terzo il Belgio con 10.  Sono state proprio le scuole, con l’80% dei progetti iscritti, a dare il maggior contributo, seguite dalle associazioni non profit e dalle istituzioni pubbliche.   Le idee e le 402 candidature sono state valutate da una giuria internazionale, composta da 51 esperti di innovazione e inclusione sociale. Gli 81 finalisti hanno portato contributi per l’educazione del 21° secolo, per lo sviluppo sostenibile dell’ambiente, ma anche per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro o per l’integrazione di migranti e rifugiati.

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