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L’anima di Noschese rapita dalla P2

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LA TV DA I NUMERI Di Giorgio Bellocci Il frammento della mini-fiction indugia su una pistola con un grilletto che sta per essere stimolato… La dissolvenza incrociata sposta l’azione nel finale di un tipico varietà in bianco e nero dove la presentatrice Mariolina Cannuli e il suo “doppio” si congedano dal pubblico… Nell’Italia dei personaggi sopravvalutati per puro provincialismo si dovrebbero ricordare tutti i giorni i veri “giganti“ Alighiero Noschese per esempio, del quale il prossimo 3 dicembre ricorre il trentennale della scomparsa. Dopo la scena che ho evocato in apertura sono apparsi i titoli di coda della replica di “Ladro d’anime” (definizione di Federico Fellini), lo speciale che “La storia siamo noi” trasmise cinque anni fa e che Minoli ha riproposto lunedì scorso per rendere omaggio a Noschese. La Cannuli era solo una delle mille maschere che l’istrionico attore aveva clonato e riproposto in varietà e che hanno fatto la storia della televisione italiana degli anni 70 (“Doppia coppia”, “Canzonissima”, “Formula 2” giusto per citare qualche titolo). Leggendarie, come enfatizzato da “La storia siamo noi”,  le sue imitazioni di cantanti, attori, politici e anchormen televisivi. Se la breve fiction all’interno di “Ladro d’anime” ha ricostruito le misteriose fasi del suicidio di Noschese, avvenuto in una clinica romana dove era ricoverato per curare una forte depressione, particolarmente felice si è rivelata la scelta di far calare il sipario sullo speciale con quel doppio saluto. Che in tale contesto è un saluto eterno, un addio a mondi migliori… L’imitazione della Cannuli, oltrepassando la figura armonica dell’affascinante “signorina buonasera”, è quella che più di tutte rende la vera natura dell’uomo Noschese: geniale, iper-attivo, curioso, ma anche ambiguo. Non in senso dispregiativo, bensì con riferimento proprio alla straordinaria capacità  di rubare un’anima correndo il rischio di rimanerne imprigionato, perdendo così la propria identità. Il volto della finta Cannuli suscita ilarità e ammirazione (per la bravura di Noschese). Ma visto con gli occhi di oggi spaventa per l’inquietudine dello sguardo, per quel senso di innaturale che solo l’immagine di un uomo alle prese con un trucco da donna (en travesti) può rendere. Senza addentrarsi in conclusioni azzardate lo speciale di Minoli rammenta con dovizia i rapporti di Noschese con la massoneria: dall’affiliazione alla loggia di Piazza del Gesù (nel 1967 in memoria del padre), all’abbraccio mortale con la P2 di Licio Gelli. Un passo probabilmente troppo violento e autolesionista per un Fregoli capace di raccontare le vite degli altri con esuberanza ma di vivere al tempo stesso devastanti conflitti interiori.

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