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Le monete virtuali, non solo Bitcoin

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Bitcoin , ma c’è altro: cresce il numero di monete virtuali che sbarcano sul mercato dell’economia digitale, sfruttando la popolarità e il codice sorgente del loro fratello maggiore, dalla filosofia rigorosamente open source. Dalla criptomoneta originaria discendono altri strumenti di credito elettronico criptato, così tante da coniare persino un nuovo termine: criptomania. “Molto speculativo ” e ” rischioso ” è il modo in cui la Bank of France ha bollato il denaro virtuale in una recente relazione. Anche la Bundesbank mette in guardia i risparmiatori dai rischi posti dal Bitcoin. Si tratta di una posta “altamente speculativa”, ha affermato uno degli esponenti del direttorio della Banca centrale tedesca, Carl-Ludwig Thiele, in una intervista al quotidiano finanziario Handelsblatt . Thiele ha aggiunto che le Banche centrali e le autorità di vigilanza sulla finanza in Europa si stanno sempre più interrogando sul fenomeno, ma che al momento si sono limitate a mettere in guardia gli utenti dai rischi che corrono su questo segmento. Ma tutto ciò non è bastato a frenare l’entusiasmo dei creatori di cripto-monete. Sono ben ottanta le diverse valute digitali censite in un’inchiesta del Wall Street Journal. Alle già esistenti Worldcoin, Namecoin e Hobonickels , tra ottobre e novembre del 2013, si sono affiancate Gridcoin, Fireflycoin, Zeuscoin, Anoncoin e Sexcoin che, come si legge nell’homepage del sito ufficiale, ha lo “scopo di fornire a consumatori, produttori e attori di contenuti per adulti un metodo sicuro e veloce per accettare micro-transazioni, proteggere la privacy dei clienti, potenziare i servizi a luci rosse nella cripto-era”. L’ultima è stata lanciata l’11 gennaio. Si chiama CoinYe West ed è un tributo al cantante americano, Kanye West. Mentre poco prima è stata la volta di Dogecoin : creata lo scorso novembre da Jackson Palmer e Billy Markus. Il suo valore, corrispondente a 0.00023 dollari, è ancora basso; ma la nuova moneta, con cui si possono già fare transazioni, è diventata popolare grazie all’attiva comunità su Reddit, il sito di notizie social. Tanto da far gola ai pirati informatici che il giorno di Natale hanno rubato circa dodicimila dollari.  “L’idea è creare un’economia a sé stante “, commenta a Repubblica Alessandro Longoni, membro di CashlessWay, l’associazione nata per promuovere la cultura dei pagamenti digitali. ” Bitcoin è stato il primo a gettare le basi in questa direzione e ha avuto il merito di promuovere un nuovo modo di vedere le cose”. È il 2009, quando qualcuno, nascosto dietro lo pseudonimo giapponese di Satoshi Nakamoto, pubblica in rete il documento alla base di quella che secondo i più sarà la moneta del futuro, o più semplicemente un metodo “promettente nel lungo periodo, per sistemi di pagamento più veloci, sicuri ed efficienti”, come ha suggerito il governatore della Fed, Ben Bernanke. ” Una versione – scrive Nakamoto nel suo manifesto online – del contante elettronico puramente peer to peer che consente lo scambio di denaro online da un utente all’altro senza passare attraverso un’istituzione finanziaria “, senza intermediari che rallentino il processo né aggiungano spese.  Addio monete di carta, sostituite dalle digitali, e addio banche, quindi, è la soluzione proposta dal misterioso Nakamoto; benvenuti invece coloro che in gergo sono stati definiti minatori, cioè utenti in grado di produrre soldi virtuali grazie a computer, dall’enorme potenza di calcolo, capaci di risolvere complicati problemi matematici. A regolare l’emissione delle valute non c’è alcun organo centrale. È il singolo internauta che, nel rispetto di un determinato limite di liquidità, ad esempio per i Bitcoin fissato a 21 milioni di dollari, può battere moneta, purché abbia un software adeguato. Secondo Forbes , il 2013 è stato l’anno della moneta virtuale creata quattro anni fa da Nakamoto, sempre più diffusa negli store online e in grado di sostituirsi al portafogli dentro alcuni negozi fatti di calce e cemento. Una tendenza iniziata oltreoceano, da poco arrivata in Italia, dove a novembre si è costituita la Bitcoin Foundation , società no profit con lo scopo di diffondere l’adozione della nuova moneta, già usata per saldare corsi di yoga e vacanze in montagna.  Andreas Antonopoulos, consulente di diverse start-up basate sui Bitcoin, lo definisce un vero ecosistema che ha due scopi: “Il primo è testare nuove tecnologie, rivelare come funzionano e se il mercato è in grado di accettarle. Il secondo è dimostrare clamorosi fallimenti “. Il modo per usarli è sempre lo stesso: si possono scaricare gli appositi software, aprire un portafoglio virtuale con cui inviare e ricevere i soldi, dopo averli comprati grazie a determinate piattaforme online. Come i Bitcoin, anche i fratelli minori si basano su due princìpi fondanti: il peer to peer , cioè un sistema di scambio dei file in rete che non usa un server centrale, ma collega i pc direttamente tra loro. E la crittografia a chiave asimmetrica. Che cosa cambia? Per lo più il modo di tracciare le transazioni e produrre moneta. Nel caso dei Litecoin, la seconda valuta virtuale nata nell’ottobre 2011 da Charles Lee, a variare è il sistema di protezione, Scrypt, e l’algoritmo capace di processare un blocco di dati ogni due minuti e mezzo. Contro i dieci dei Bitcoin. Inoltre, il tetto di liquidità è fissato a ottantaquattro milioni, a fronte dei ventuno previsti dalla moneta di Nakamoto.  Le monete virtuali incontrano entusiasmo e diffidenza tra aziende e istituzioni, ma sicuro interesse tra gli hacker , perché giaciono sui computer come ogni altro file elettronico. E quando il denaro virtuale è rubato o perso, è perso irrimediabilmente, perché contrariamente alla valuta depositata in banca, non è assicurata. Almeno finora. A Londra è stata inventata la prima forma di deposito assicurato di valuta elettronica. Ci ha pensato la società Elliptic Vault, che offre cassette di sicurezza che proteggano dai pirati informatici e siano coperte da assicurazione. Per difendersi dagli hacker si usa il “deep cold storage”, come lo definisce uno dei fondatori della Elliptic, Tim Robinson. La moneta elettronica è archiviata su più dispositivi che non sono in linea, protetti da cifratura e da un accesso limitato a un numero ristretto di addetti della società. 

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