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L’industria mondiale high-tech: -200 mila posti di lavoro in 4 mesi

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Dopo la prima ondata di licenziamenti che ha toccato il settore finanziario nell’estate del 2008, per poi passare all’industria automobilistica, tocca ora alle imprese high-tech fare i conti con la crisi economica. Dall’inizio di ottobre i licenziamenti annunciati da quaranta grandi gruppi di elettronica, di telecomunicazioni e di informatica, sono arrivati a interessare 204.450 posizioni, per un totale di 3,5 milioni di persone, pari al 6% dell’effettivo . Il calo di domanda per i prodotti di settore high tech è mondiale, per cui i licenziamenti riguardano le società del mondo intero, anche se la crisi si fa sentire maggiormente in alcune zone: l’America del nord riporta quasi la metà dei licenziamenti con il 48,8% , dato che non stupisce poiché i gruppi americani sono stati i primi ad essere toccati dalla crisi, inoltre le legislazioni statunitensi al riguardo non sono proiettate verso la conservazione dei posti di lavoro sotto altre forme di contratto quali ad esempio la cassa integrazione, quindi crisi corrisponde naturalmente a disoccupazione, senza soluzioni intermedie. Da non dimenticare poi che i gruppi maggiori di high tech sono sul territorio americano, come ad esempio i due maggiori produttori di micro informatica: il leader di pc HP (California) e il leader del software Microsoft (Washington). L’Asia, che presenta una produzione più diversificata, è toccata dalla crisi high tech per il 33,1% , nonostante nella Corea del Sud i due giganti Samsung Electronics e LG non abbiano ancora annunciato tagli importanti. L’Europa presenta licenziamenti per il 20,1%, percentuale minore rispetto agli altri continenti perché i grandi gruppi della tecnologia non sono molto presenti nel vecchio continente. “ Verso fine 2008, in due mesi, i nostri tassi di produzione hanno perso 30 punti. Non avevo ancora conosciuto un tale ribasso da trent’anni ”, ha precisato il numero due del gruppo franco-italiano STMicroelectronics. Le industrie di semi conduttori sono quelle più a rischio , come dimostrano i risultati della giapponese Nec che ha dimezzato il proprio organico. Malgrado la crisi però, due gruppi continuano a sorprendere: si tratta dell’americana Apple e della giapponese Nintendo , che vedono una domanda ancora crescente dei loro prodotti.

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