Per un paese, l’Italia, che decide di imporre un brusco stop alla libera circolazione di informazioni (anche) online, ce n’è uno, l’Islanda, che si propone come base per chiunque voglia far trapelare notizie senza rischiare denunce. La legge, proposta dalla deputata anarchica Birgitta Jonsdottir e approvata lunedì notte all’unanimità, prevede che i server dell’isola ospitino documenti di interesse pubblico senza che la giustizia locale possa impedirne la divulgazione , tentare di scoprire chi li abbia rivelati o dare seguito a condanne comminate da tribunali esteri in base a leggi contrarie alle norme islandesi. Inoltre, chiunque abbia divulgato del materiale online, o il proprietario del server che abbia ospitato tali notizie, non solo sarà protetto dalla legge, ma avrà il diritto di contro-citare in un’aula di tribunale chiunque gli abbia rivolto minacce o denunce a riguardo , con l’accusa di violazione della libertà d’espressione. E ancora, aspetto che potrebbe diventare di prepotente attualità in Italia, se i documenti rivelati dovessero interessare anche altri paesi la legge darà modo ai giornalisti dei paesi interessati di riprendere la notizia senza temere ripercussioni da parte dei propri governi. Se il decreto Alfano sulle intercettazioni dovesse essere approvato definitivamente, dunque, chi entrasse in possesso del contenuto di telefonate importanti non dovrebbe fare altre che inviare le fotocopie a un sito con base in Islanda e, previa verifica e approvazione, attenderne la pubblicazione online e riportalo in seguito su qualsiasi organo di informazione. Per toccare con mano gli effetti di un provvedimento tanto illuminato bisognerà attendere più o meno un anno , mentre il caso di Wikileaks , situato proprio in Islanda, dà un assaggio delle proporzioni che l’interazione fra web e media tradizionali potrebbe assumere.
L’Islanda toglie il bavaglio alla rete

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