Mentre la Siria è sempre sull’orlo della guerra civile e la Turchia è scossa dalle violente proteste contro il premier Erdogan, venerdì 14 giugno l’Iran andrà al voto per decidere il suo prossimo presidente. “Una speranza rivisitata” , titola emblematicamente The Huffington Post , auspicandosi quanto meno che siano gli islamici moderati a prevalere. Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda Paris Match , che parla di “presidenziali senza grandi speranze” . Il Paese arabo è di fondamentale importanza per gli equilibri socio-politici globali, anche se The Washington Post fa notare che “la scelta è piuttosto limitata” . E’ probabile che “i voti dei moderati convergano su Hassan Rouhani” , come scrive il Financial Times : l’ex capo della sicurezza nazionale e membro dal 1999 dell’Assemblea degli Esperti se la vedrà soprattutto con Mohammad Bagher Ghalibaf, sindaco di Teheran, e con Saeed Jalili, capo negoziatore iraniano sul nucleare e vicini a Khamenei. “L’ombra di Khamenei sulle elezioni in Iran” , strilla il Daily Telegraph , raccontando i retroscena della campagna elettorale. tra questi, come dice il Chicago Tribune , “i maltrattamenti ai gruppo di oppositori del Governo” , denunciati più volte ma senza eco in patria. Il conservatorismo sembra destinato a trionfare ancora in Iran. Ne è convinto anche Les Echos , che dà spazio a un editoriale dal titolo emblematico: “Perché niente cambierà, né per il paese né per il mondo” .
L’ombra di Khamenei sulle elezioni in Iran (Daily Telegraph)

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