Site icon Telepress

MuSkin, come un fungo parassita diventa un abito sostenibile

Creazione in MuSkin

Creazione in MuSkin

Un progetto di tesi degli allievi di Modartech Pontedera riporta all’attenzione un brevetto eco di qualche tempo fa, oggi ancora più utile in ottica di una maggiore sostenibilità.

Se è vero che le tendenze spuntano come funghi, è vero anche che certi funghi possono fare tendenza. Tra le proposte più originali presentate recentemente al Graduation Day in Fashion Design dell’istituto Modartech di Pontedera, in provincia di Pisa, ci sono stati gli accessori in MuSkin, tessuto dalla consistenza simile alla pelle ottenuto da un particolare fungo parassita che cresce sul tronco degli alberi. Sembra camoscio, sia per la consistenza, sia per il colore ma non nuoce assolutamente alla rupicapra. A metterli a punto la studentessa Giuditta Rossi, che spiega a Telepress.news: “Stavo cercando una soluzione innovativa per realizzare degli accessori e dare completezza alla mia collezione all’insegna della sostenibilità. Ho avviato ricerche in tante direzioni e alla fine ho scelto la pelle vegetale che deriva dal Phellinus Ellipsoideus, perché viene prodotta in un’azienda del mio stesso comune”.

La studentessa diplomatasi al Modartech Giuditta Rossi

La Grado Zero Espace – Pangaia Grado Zero ha infatti sede a Montelupo Fiorentino e la sua Chief Technical Officer, Giada Dammacco, presentava sulla stampa l’innovazione partita dal fungo parassita già nel 2012, proprio quando Modartech ha iniziato a declinare la sua offerta formativa anche in chiave di sostenibilità. “È un impegno che ci caratterizza da almeno 10 anni”, spiega il direttore dell’istituto di Pontedera, Alessandro Bertini: “Crediamo che questa sia la strada giusta per il futuro e a confermarcelo sono i numeri: quest’anno la rete di partner tecnici sale a quota 200 e il network di aziende coinvolte supera le 800 realtà”. I ragazzi escono effettivamente con le idee molto chiare rispetto a come applicare i loro progetti: “Dovessi scegliere un personaggio cui far indossare i miei accessori sarebbe Harry Styles”, dichiara Rossi, “per la sua esuberanza e apertura nei confronti delle novità. Un sogno sarebbe poi avere l’approvazione di Pierpaolo Piccioli e ritrovare le mie creazioni in una sfilata di Valentino”.

Fra gli altri progetti di tesi anche quelli per utilizzare i pellami di scarto e difettati e lanciare messaggi di inclusività e accettazione. Ci sono, ad esempio, idee di abiti che richiamano le malattie della pelle e per questo utilizzano pellami considerati difettosi che in realtà nascondono caratteristiche uniche e particolari, oppure collezioni che partono da un racconto crudo, di violenze, soprusi e femminicidi, ma che attraverso l’utilizzo di abiti dai colori vivaci vogliono rappresentare un simbolo di rinascita e metamorfosi.

di Daniela Faggion

Exit mobile version