Indipendenza dal petrolio mediorientale in dieci anni, tagli fiscali alla classe media, sostegno per l’istruzione e per gli studenti universitari, maggiore controllo nei confronti dalle discriminazioni operate delle assicurazioni sanitarie, ritiro delle truppe dall’Iraq e tolleranza zero contro i terroristi in Afghanistan, pari diritti per gli omosessuali. Questa le intenzioni espresse da Barack Obama nel giorno della sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, come rappresentate del Partito Democratico. Un discorso diretto e concreto, più di quanto abbia abituato in precedenza, ma non così distante dall’indimenticato ‘I have a dream’ di Martin Luther King di 45 anni fa. Più che un sogno quella di Obama è una promessa . Una promessa di rottura rispetto all’era Bush , che secondo Obama rivivrebbe nella sua totalità se la presidenza dovesse andare a John McCain, e di sviluppo in direzione di un’America migliore . “Che cosa pensate di qualcuno convinto che Bush ha ragione in oltre il 90 per cento dei casi? Non so quale sia la vostra impressione, ma io non sono disposto ad avere solo un 10 per cento di cambiamenti “, è stato l’attacco diretto del senatore dell’Illinois al suo avversario. Ha scelto uno stadio Obama, quello di Denver, come nei migliori concerti rock. E al suono di slogan come ‘ Change ‘ o ‘ Eight is enough ‘, facendo rifermento agli otto anni di presidenza Bush e rispolverando un motivetto che negli Usa conoscono bene (si tratta del titolo inglese de La famiglia Bradford ), ha conquistato una folla di 84 mila persone portandola, a quello che è stato definito dai presenti, un vero e proprio delirio. Che sia un candidato ‘da copertina’ lo si era capito da tempo. Tutta la sua campagna elettorale si è concentrata sulla sua immagine, forte e di rottura fin dalle prime battute, tanto da portare McCain a fare l’infelice paragone fra lui e Paris Hilton. Commento che ha suscitato l’ira di nonno Hilton, grande sostenitore del partito Repubblicano. Che le sue idee siano progressiste e spiccatamente di sinistra è emerso ampiamente, anche se durante la Convention ha saggiamente stuzzicato l’orgoglio nazionalista dei suoi elettori. Che l’America rischi di essere proprio il paese sbagliato per un approccio di questo tipo è un dubbio che hanno in molti. Da animale da palcoscenico quale è si assicurerà facilmente i voti di quella fascia di elettori giovani, istruiti e intenzionati a voltare pagina. Fascia di elettori che notoriamente non rappresenta la maggioranza negli Stati Uniti d’America.
Obama cala l’asso Obama

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