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Obama smorza i fuochi del datagate

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Retromarcia americano sullo scandalo datagate. Il presidente Barack Obama ha ammesso l’utilizzo del software Prism per raccogliere informazioni e dati sulle attività web negli Usa, ma ha negato qualsiasi approccio non trasparente da parte della National Security agency. Il programma di sorveglianza promosso dal Governo di Washington si concentrerebbe su persone e informazioni potenzialmente cruciali per la sicurezza nazionale : “Continuo a credere che non dobbiamo sacrificare la libertà in nome della sicurezza – ha dichiarato Obama in un’intervista alla rete Pbs – . Questo non vuol dire che non ci siano compromessi, ma non credo che qualcuno possa ritenere che non via sia più libertà” . Uno standard di sicurezza elevato richiede dunque sacrifici sulla privacy e le libertà personali, questo il pensiero del presidente. La Nca, stando a quanto detto da Obama, garantisce comunque la giusta riservatezza. Il nodo della discordia, però, è la segretezza e l’utilizzo pervasivo delle tecniche di controllo, utilizzate all’insaputa dei cittadini. I dati telefonici raccolti, secondo il presidente, si limiterebbero ai numeri e tabulati, non includendo registrazioni e nomi degli interlocutori. Le spie online servirebbero per difendersi dai cyber-attacchi.  “Il mio lavoro – ha spiegato Obama – , è quello di proteggere i cittadini americani e lo stile di vita americano , che include la nostra privacy. Assicuriamoci che il compromesso sia adeguato” . Mentre l’amministrazione smorza i toni e prova a presentare Prism come un normale strumento di intelligence, gli utenti web d’Oltreoceano sembrano percepire il tutto come una versione moderna del grande fratello di Orwell, non a caso schizzato in vetta alle classifiche dei libri più venduti di Amazon. Ed è forte l’impressione che i big data di Washington abbiano eluso alcune libertà fondamentali.

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