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Oblio, il diritto concesso da Google

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Chi non ha mai ceduto alla tentazione di digitare il proprio nome su Google? Di solito i risultati sono quelli che ci si aspetta, ma se, invece, ci fossero delle brutte sorprese? Sono arrivate a quota 12mila, di cui circa il 40% provenienti dalla Germania e il 13% dal Regno Unito,  le richieste di rimozione arrivate da tutta Europa, in meno di una giornata, dopo che Google ha aperto la possibilità ai cittadini europei di poter inviare con un modulo su internet la richiesta di rimuovere link inadeguat i, a loro riferiti. A quanto risulta all’Ansa, in alcuni picchi, le richieste sarebbero state 20 al minuto. Larry Page non ha perso tempo. E a due settimane dalla sentenza della Corte europea sul diritto all’oblio, emanata lo scorso 13 maggio, BigG mette a disposizione degli utenti un modulo web attraverso il quale i cittadini europei possono chiedere al motore di ricerca la rimozione di risultati non rilevanti sul proprio conto. La notizia è stata diffusa da Google, e lo stesso Page ha rilasciato un’intervista al Financial Times nella quale ha spiegato nel dettaglio la decisione presa. Una decisione storica, perché per la prima volta un cittadino potrà chiedere a un motore di ricerca la rimozione di link sul suo conto, se ritiene questi “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”. “Per ottemperare alla recente decisione della Corte Europe a, – fa sapere un portavoce di Google – abbiamo reso disponibile un modulo web attraverso cui gli europei possono chiedere la rimozione di risultati dal nostro motore di ricerca. La sentenza della Corte richiede a Google di prendere decisioni difficili in merito al diritto di un individuo all’oblio e al diritto del pubblico di accedere all’informazione. Stiamo creando un comitato consultivo di esperti che analizzi attentamente questi temi. Inoltre, nell’implementare questa decisione coopereremo con i Garanti della privacy e altre autorità”. Inutile dire che, almeno nelle prime fasi, il processo sarà complesso e non privo di problematiche . Molti esperti di diritto della comunicazione, infatti, hanno storto il naso leggendo la sentenza della Corte europea. E gli stessi motori di ricerca non hanno accettato di buon grado la decisione dei giudici. Ma Google ha deciso di muoversi in fretta realizzando il modulo per la richiesta di rimozione dei link. Il procedimento appare molto essenziale. C’è da selezionare il Paese dell’Ue al quale l’utente appartiene, poi i propri dati (nome, cognome e indirizzo e-mail, allegando la scansione di un documento di identità), gli url per i quali è richiesta la rimozione e un breve messaggio nel quale si spiega la motivazione della richiesta . Ancora non sono chiare però le tempistiche per la rimozione. Nella sua intervista al Financial Times, Page ha sottolineato come Google non abbia riscontrato grossi problemi nell’adeguarsi alla sentenza della Corte europea. “Questa storia avrebbe potuto farci male quando Google era ancora composta da tre persone in un garage. Oggi siamo una grande azienda e abbiamo le risorse per affrontarle questo tipo di situazioni”. Tuttavia il ceo di Google non ha nascosto le sue preoccupazioni, e nell’affermare che avrebbe gradito un maggiore coinvolgimento in una decisione del genere, non esclude che questa sentenza possa essere utilizzata anche da altri governi “che non sono così progrediti come l’Europa ” per ottenere risultati “meno buoni” .  “La perfezione in questi casi non esiste ” ha detto il ceo di Google. E’ necessario trovare un equilibrio complesso fra il diritto del singolo cittadino e il diritto all’informazione. Proprio per questo Google si avvarrà di un team di esperti del quale fanno parte Jimmy Wales, di Wikipedia e Luciano Floridi, docente di filosofia e etica dell’informazione all’università di Oxford. Secondo la Corte il diritto delle persone a decidere che cosa rendere noto della propria vita, va tutelato in maniera più incisiva, soprattutto sul web, dove notizie false o ormai superate circolano troppo facilmente anche grazie al motore di ricerca più utilizzato in Europa. La questione è stata sollevata per prima da un cittadino spagnolo, l’avvocato Mario Costeja, che digitando il proprio nome nel motore di ricerca, ha riscontrato la comparsa di link che rimandavano a degli articoli del giornale La Vanguardia, in cui si rendevano note sue inadempienze nei confronti del fisco nel 1998. Avendo ormai estinto il debito con lo Stato e avendo soprattutto interesse a “ far ricadere nell’oblio ” queste informazioni ormai obsolete, Costeja si è rivolto nel 2009 alla Agenzia spagnola di protezione dati chiedendo, tra le altre cose, che fosse ordinato a Google Spain o Google Inc. di eliminare od occultare i suoi dati personali. La Corte d’Appello spagnola ha, in seguito, rimesso la questione alla Corte di Giustizia europea che ha così deciso in favore della tutela della privacy dei cittadini, soprattutto quando si tratta di privati che non ricoprono cariche pubbliche. Il servizio offerto da Google ha, quindi, dei pregi indiscutibili se ben applicato. Allo stesso tempo, la possibilità di intervenire su internet, la sede dell’espressione libera e democratica per eccellenza, potrebbe presentare dei rischi . Basti pensare a quei Paesi in cui governi e detentori del potere in genere potrebbero cercare di manipolare la società californiana per un proprio tornaconto. Nella peggiore delle ipotesi il diritto alla cancellazione rappresenterebbe un precedente da sfruttare per interessi privati. Essendo Google una società la cui forza si basa in gran parte sulla ricchezza di contenuti, difficilmente cederebbe alla censura . Tant’è che i tempi di realizzazione del servizio, dalla richiesta all’effettiva rimozione del link dal motore di ricerca, sono ancora ignoti. E sconosciute sono anche le restrizioni che verranno effettivamente applicate alle richieste. Ad oggi Google ha ricevuto dai cittadini europei più di 41mila richieste di rimozione di link a loro riferit i: lo rende noto il Financial Times , che ha sentito fonti vicine alla compagnia americana. Tra queste, ci sarebbe anche quella di un uomo che in passato ha cercato di uccidere la sua famiglia e chiede che il link relativo alla notizia e agli articoli venga rimosso. Sempre secondo il quotidiano, i primi link saranno rimossi dal web a partire dalla metà di giugno.

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