Torna la giornata mondiale dedicata a uno dei piatti più popolari della tradizione italiana.
Pasta, guanciale, uovo, pecorino e pepe; solo cinque ingredienti per uno dei piatti italiani più amati nel mondo.
Giunto ormai alla nona edizione, l’appuntamento è nato come evento social nel 2017, dove oggi gode di una vasta copertura (oltre 2 milioni i contenuti con l’hashtag #Carbonara su Instagram).
Promosso dall’Unione Italiana Food e all’International Pasta Organisation, vuole celebrare una ricetta assurta come uno dei simboli culinari della città di Roma.
Nonostante la fama mondiale, esistono diverse ipotesi sull’origine della ricetta, tanto da non avere certezze, se non che sebbene plausibilmente ispirata da ricette antecedenti, risalga al periodo immediatamente successivo al 1944, anno della liberazione di Roma dall’occupazione nazi-fascista nella seconda guerra mondiale, grazie alla combinazione delle razioni militari portate dagli eserciti alleati, che comprendevano uova e bacon, con la pasta italiana. Si racconta infatti che Renato Gualandi, un giovane cuoco bolognese, nel 1944, in occasione dell’incontro tra la Quinta Armata americana e l’Ottava Armata inglese tenutasi a Riccione, abbia casualmente creato un piatto precursore della carbonara.
La prima pubblicazione della ricetta avviene comunque negli Stati Uniti nella guida illustrata dei ristoranti di un distretto di Chicago, Vittles and vice: An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side, compilata da Patricia Brontè mentre, la prima ricetta pubblicata in Italia risale all’agosto del ’54 sulla rivista La Cucina italiana.
Negli anni sono state fatte però altre ipotesi: quella napoletana riconduce alla cucina partenopea: un piatto antesignano della carbonara compare nel 1881 nel trattato di cucina napoletana Il principe dei cuochi di Francesco Palma. La ricetta è quella dei Maccheroni con cacio ed uova, che indica il condimento della pasta con un mix di uova, formaggio Parmigiano, strutto, sale e pepe, da rapprendere sul fornello con un po’ d’acqua di cottura. Manca il guanciale, sostituito però dal grasso animale per insaporire, lo strutto.
Secondo l’ipotesi appenninica/abruzzese il piatto sarebbe stato “suggerito” dai carbonai del territorio dell’Aquilano; da qui il nome. Il pepe era usato in buona quantità per la conservazione del guanciale, grasso o lardo, usato in sostituzione dell’olio, allora troppo costoso.
Infine l’ipotesi umbra, che vede la presenza tra “uova frullate” e del “grasso e magro di maiale” nella ricetta degli strascinati di Cascia e di Monteleone di Spoleto in una Guida del Touring Club del 1931.
5 ingredienti e tante origini per una pasta che continua a conquistare le tavole di tutto il mondo.