Il 2013 è stato l’anno della definitiva esplosione dei dispositivi mobili a livello mondiale, con conseguente crescita delle edizioni a pagamento dei giornali online, soprattutto negli Stati Uniti. Secondo un’indagine gestita dall’esperto Alan D. Mutter, gli utenti non sono entusiasti di pagare per le notizie, mentre contribuiscono con piacere a sostenere musica e film. Nonostante ciò, le maggiori testate americane stanno investendo in edizioni pensate esclusivamente per il digitale , convinte di poter conquistare il pubblico online e spingerlo a sottoscrivere abbonamenti a medio e lungo termine. L’impresa sembra essere riuscita a The Wall Street Journal e The New York Times , che possono contare rispettivamente sul 890mila e 725mila iscrizioni web: il 37,6% della circolazione del primo e il 34,4% di quella del secondo è in pratica costituita da lettori digitali, che pagano per sfogliare i siti e gli approfondimenti pubblicati su internet dalle due testate. Meno fortunata è stata la campagna online di Gannett , il principale editore di giornali generalisti negli Usa: solo il 2,2% della distribuzione dei suoi periodici è costituita dalle edizioni web a pagamento. Flop anche per Rupert Murdoch e la sua News Corporation, che ha dovuto chiudere The Daily , primo quotidiano pensato esclusivamente per iPad, per mancanza di introiti. Il paywall si sta dunque diffondendo a macchia di leopardo e con risultati alterni : premia i grandi nomi del giornalismo di qualità, meno gli aggregatori di news e i ‘giornali passatempo’. E, soprattutto, non regge il confronto con i servizi che distribuiscono contenuti audio-video: gli iscritti all’edizione digitale di The New York Times sono quaranta volte inferiori a quelli di Netflix o Spotify. L’economia in rete preferisce l’intrattenimento, questo è sicuro.
Paywall speranza risicata del giornalismo futuro

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