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Per Twitter ora è questione di ipo

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Giovedì 3 ottobre è stata resa pubblica la documentazione con cui Twitter ha fatto richiesta di quotarsi in borsa alla Securities and Exchange Commission, l’ente federale degli Stati Uniti che si occupa della vigilanza del mercato azionario. Twitter aveva annunciato che si sarebbe quotata in borsa lo scorso 12 settembre , ma non aveva diffuso altri dettagli facendo ricorso al Jobs Act, la legge statunitense del 2012 che permette alle aziende con un fatturato inferiore al miliardo di dollari di fare domanda per una ipo in forma confidenziale. Nella domanda sono contenute moltissime informazioni che fino a ora Twitter aveva tenuto per sé, come fanno di solito le start-up per tutelare meglio le loro attività. Sulla collocazione delle azioni, dalla quale Twitter confida di raccogliere almeno un miliardo di dollari, potrebbero influire il fatto che la società è ancora in perdita e che la crescita del numero di utenti sta rallentando.  Twitter ha scelto di sbarcare al Nyse piuttosto che al Nasdaq , che si caratterizza per l’essere il listino tecnologico Usa e conta nomi del calibro di Google, Yahoo!, Facebook e Zynga. L’ipo da 1,5 miliardi di dollari condurrà dritto sul listino tradizionale: il titolo dovrebbe debuttare il 15 novembre con un valore compreso fra 28 e 30 dollari.  Nei primi sei mesi del 2013 Twitter ha avuto ricavi per circa 253 milioni di dollari , poco più del doppio rispetto ai primi sei mesi del 2012. La progressione dei ricavi negli ultimi tre anni dà qualche informazione in più: nel 2010 furono 28 milioni di dollari, l’anno seguente 106 milioni e in tutto il 2012 circa 317 milioni di dollari. La società, però, spende molto soprattutto per il personale e la ricerca, necessari per la sua espansione. Nei primi sei mesi del 2013, Twitter ha avuto perdite per oltre 69 milioni di dollari, mentre nel 2012 le perdite complessive nette furono di 79 milioni di dollari. Per tutto il 2013 Twitter prevede di spendere circa 225 – 275 milioni di dollari in spese per capitale, cioè i fondi usati per acquistare beni che durano nel tempo come server e centri dati. La società ha speso circa 92 milioni di dollari nella prima metà del 2013 per le strumentazioni, l’affitto dei server e per il pagamento del personale, una cifra che equivale al 36% dei ricavi complessivi da gennaio a giugno 2013. Spende inoltre un sacco di soldi in ricerca e sviluppo, tra stipendi e benefit per gli impiegati, nella prima metà del 2013 ha speso 112 milioni di euro. Nella documentazione per la Sec, prevede un ulteriore aumento dei costi nei prossimi anni, dovuti all’espansione delle sue attività: ha circa 2mila impiegati, a gennaio 2010 erano circa 200. Evan Williams, uno dei cofondatori di Twitter, ha il 12% delle attuali azioni della società per un valore complessivo di circa 1,2 miliardi di dollari (calcolati sull’ultima stima di 20,62 dollari per azione). Peter Fenton, uno dei primi investitori di Twitter quando aveva appena 25 dipendenti, ha il 6,7 % delle azioni, seguito da Jack Dorsey, co-fondatore di Twitter, che possiede il 4,9% delle azioni, pari a circa 483 milioni di dollari. Infine c’è Dick Costolo, ceo di Twitter con una quota dell’1,6%. Il resto dell’azionariato comprende diverse società di investimenti come Benchmark Capital, Union Square Ventures e Spark Capital. Per lungo tempo analisti ed esperti hanno fatto stime e previsioni sull’effettivo numero di  persone che usano Twitte r, in assenza di dati ufficiali da parte della società. La documentazione presentata alla Sec dà finalmente qualche informazione più concreta: Twitter dice di avere più di 215 milioni di utenti attivi su base mensile e 100 milioni di utenti attivi ogni giorno “praticamente in ogni paese”. I tweet pubblicati giornalmente sono circa 500 milioni. Molti stimano che però almeno il 10% degli utenti sia costituito dai bot, account fasulli automatici che inviano link agli utenti veri facendo spamming. Secondo Twitter i bot sono il 5%, ma ammette che si tratta comunque di una stima su base statistica e non di un calcolo completo, attualmente irrealizzabile. Da quando esiste, su Twitter sono stati pubblicati 300 miliardi di cinguettii. Il dato che probabilmente farà più effetto sugli investitori è l’utilizzo di Twitter da smartphone e tablet. Tre utenti su quattro usano il social network da dispositivi mobili, una media molto alta che fa ben sperare per la pubblicità personalizzata e basata sul luogo in cui si trovano le persone che twittano. Questo tipo di annunci pubblicitari di solito ha una resa maggiore e più semplice da misurare. Da aprile a giugno 2013, il 65% dei ricavi pubblicitari è arrivato grazie agli annunci mostrati sulla versione mobile . Twitter sta lavorando molto per inventarsi nuovi modi di fare pubblicità e ha di recente acquisito MoPub, una società specializzata nelle pubblicità da mostrare su dispositivi mobili. Infine gli analisti concordano sul fatto che al momento della collocazione delle azioni, Twitter non sarà un successo imprenditoriale comparabile con quello di Facebook al momento della sua ipo nel 2012 . I ricavi di Twitter nel 2012 sono stati di 317 milioni di dollari, contro i 3,7 miliardi di dollari di ricavi nel 2011 prima di quotarsi in borsa. Le perdite nel 2012 per Twitter sono state di 79 milioni di dollari, Facebook chiuse il 2011 con un utile di 1 miliardo di dollari. E ancora, a fine 2012 Twitter diceva di avere quasi 200 milioni di utenti attivi su base mensile, nel 2011 prima di quotarsi Facebook ne dichiarò 845 milioni. Il dato sulla provenienza dei ricavi è infine rilevante: Facebook nel 2011 realizzava il 44% dei propri ricavi fuori dagli Stati Uniti, Twitter è fermo al 17 %.

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