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Quando i servizi internet pay funzionano

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Rupert Murdoch è il Mefistofele del web libero e gratuito, ma sondando i lidi della rete si scoprono servizi che già hanno introdotto modelli a pagamento, riuscendo a mantenere un’utenza fedele. Il network sportivo Espn propone una struttura mista, chiedendo un contributo per l’accesso alla sezione Insider, come fa Spectator attravero la sua app per iPhone. Celebre il caso Adobe , i cui software professionali sono a pagamento, mentre i demo sono a disposizione di tutti gli internauti. Slashdot , sito per programmatori, sin dal 2002 chiede ai suoi utenti un obolo di 5 dollari per mille pagine web (senza pubblicità). I portali elencati godono di buona salute . Certo, non mancano i flop. The New York Times ha introdotto i contenuti a pagamento nel settembre 2005 (7,95 dollari al mese). Solo 227mila iscritti al sito hanno accettato la nuova impostazione, anche se la testata dichiara introiti pubblicitari annui per 10 milioni di dollari. Ma la crisi dell’online advertising sembra rimettere tutto in gioco.

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