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Rai, il Governo difende il canone

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Più complesso di un dramma shakespeariano, in cui gli attori in causa mutano atteggiamento e posizioni alla velocità del vento. Q uesta la situazione dello scontro sul canone Rai. La polemica, divampata nei giorni scorsi , si arricchisce oggi di un altro capitolo. Il Governo si schiera contro la campagna mediatica che invita a boicottare la tassa a favore di Viale Mazzini, definita “sbagliata” . A dirlo è Paolo Romani, viceministro delle Comunicazioni, che sceglie il quotidiano online Affariitaliani.it per scendere in campo nella querelle politica. L’esecutivo si oppone all’indirizzo dettato da Libero e Il Giornale (testate filo-berlusconiane per proprietà e orientamento editoriale): “ Fare a questo punto una campagna contro il canone mi sembra francamente improprio anche perché, lo dico da uomo di governo, mi sembra difficile far mancare due terzi delle risorse al pubblico servizio” spiega Romani. Dello stesso avviso il ministro degli Esteri Franco Frattini: “Non sono d’accordo con coloro che fanno la campagna contro il canone della Rai, perché il servizio pubblico deve fare il servizio pubblico ”. Anche l’opposizione si schiera con la tv di Stato: “ erto che continuerò a pagare l’abbonamento della Rai – dichiara Pierluigi Bersani del Pd – istigare a non pagarlo è un altro degli scalini in basso che si stanno toccando in questo momento” Unico fuori dal coro, Antonio Di Pietro: “ È da anni che l’Italia dei valori dice che questa Rai non merita il canone perchè da sempre è controllata e gestita dal sistema dei partiti”. Dunque, la campagna non trova una vera sponda politica, anche se (presumibilmente) è stata istigata da ragioni politiche. Libero e Il Giornale hanno il supporto della Lega Nord e di una buona fetta della popolazione, che mal digerisce la tassa per la tv pubblica e ormai da anni non paga il canone. Ma, appunto, questa sembra una reazione ‘di pancia’, cui servirebbe un progetto serio di rinnovamento della Rai, ripensandone struttura, termini e modalità di finanziamento. Perché il servizio televisivo pubblico può essere necessario per la ‘salute’ di un paese.

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