Superati per la prima volta i due miliardi di euro. Gli Stati Uniti primo cliente, +32% delle vendite in Francia.
Spumante italiano da record fuori dai confini nazionali. Entro la fine del 2022, per la prima volta, le vendite delle nostre bollicine all’estero avranno superato in valore i 2 miliardi di euro. La proiezione è delineata da Coldiretti, in base agli ordini per le festività natalizie, mentre viene confermato il trend di crescita del 23% registrato dall’Istat nei primi nove mesi.
Se in Italia lo spumante si classifica tra gli acquisti irrinunciabili nello shopping delle feste, all’estero non sono mai state richieste così tante bollicine italiane: + 9% nel numero di bottiglie scelte per i brindisi globali rispetto allo champagne francese, che però riesce ancora a spuntare prezzi superiori. Rispetto alle bollicine preferite, il Prosecco è di gran lunga lo spumante più venduto, seguito dall’Asti e dal Franciacorta che ormai se la giocano alla pari con il prestigioso champagne francese.
Fuori dai confini nazionali – sostiene Coldiretti – i consumatori più appassionati sono gli americani che nel 2022 hanno speso per lo spumante il 13% in più. Al secondo posto ci sono gli inglesi che non sembrano essere stati scoraggiati dalla Brexit con un aumento addirittura del 27%. Su valori più bassi si trova la Germania, dove comunque si registra un +14% in valore, e la Russia dove, nonostante tutto, le nostre bollicine italiane crescono del 9%. È però il dato in arrivo dalla Francia quello che sorprende di più: sul mercato transalpino, infatti, si segnala una crescita delle vendite del 32%, collocando i cugini francesi al quarto posto tra i principali clienti.
A fronte di tante luci anche qualche ombra dovuta agli aumenti dei costi di produzione – diretti o indiretti – a causa del caro energia. Dai vigneti dove i concimi hanno subito rincari fino al +170%, alle cantine dove una bottiglia di vetro costa fino al 70% in più rispetto allo scorso anno. E poi ancora tappi, gabbiette per i tappi, etichette e dei cartoni di imballaggio per i quali si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti. A pesare anche le imitazioni di altri paesi, che fanno concorrenza sleale alle produzioni originali.
di Daniela Faggion