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Ritorno sui banchi, digitali

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L’Ocse , in un consuntivo di qualche mese fa, aveva stabilito che con l’attuale tasso di diffusione delle tecnologie digitali nelle scuole italiane, occorrerebbero almeno 15 anni per raggiungere paesi come la Gran Bretagna, dove l’80% delle classi può contare su strumenti didattici informatici di nuova generazione. Oggi l’Organizzazione ribadisce, in uno studio globale che tra le insufficienze collezionate dalla scuola, al primo posto c’è quella relativa alle risorse: l’austerity con cui fa i conti il sistema scolastico da sempre, relega la Penisola in fondo alla classifica dei 30 Paesi membri di cui si hanno dati: l’Italia nel 2010 dedicava alla scuola complessivamente il 4,7% del Pil contro una media Ocse del 6,3. Il ministro Profumo, per il breve spazio della sua permanenza al dicastero dell’Istruzione però era convinto di poter fare qualcosa in merito. Tanto da varare un Piano nazionale scuola digitale che prevedeva una serie di azioni e di interventi (quali la nuova legge sui libri digitali e la digitalizzazione In attesa delle nuove linee guida del ministro Carrozza, i modelli di apprendimento digitale, frenati dalla mancanza di dotazioni, e dall’inconsistenza delle reti wifi e della banda larga, trovano respiro grazie a iniziative dei privati. Come il suo ambizioso progetto, Samsung, declinato su scala internazionale, punta a dotare le classi di tablet e software, ma anche a sviluppare piattaforme e ambienti di lavoro tagliati sulle esigenze di alunni e insegnanti. Dopo averlo portato in 27 paesi, dall’Africa agli Stati Uniti, la casa sudcoreana fa ora tappa in Italia con l’obiettivo di dare vita, entro il 2015, a 300 classi digitali , di cui 50 già attive entro fine anno. Oltre alla formazione sull’uso dei nuovi strumenti didattici, alle strutture didattiche verrà fornito tutto l’ hardware necessario: lavagna digitale, tablet e banda larga wifi. E a livello di software , Samsung ha realizzato una serie di applicazioni integrate che coprono ogni aspetto dell’apprendimento, dai quiz interattivi a una piattaforma di pubblicazione sulla quale gli editori potranno diffondere i loro contenuti. La selezione delle scuole è attesa entro settembre, prima dell’inizio dell’anno scolastico; a fare da apripista saranno la Lombardia e il Lazio, poi sarà la volta delle scuole del Sud. Con le classi così attrezzate, sarà possibile gestire le lezioni e il calendario, i profili degli studenti, i voti, da mostrare ai colloqui con i genitori, invece del registro cartaceo. Dallo schermo che avrà tra le mani, l’insegnante potrà monitorare i tablet di tutti i ragazzi, controllare il loro lavoro, bloccare i dispositivi per evitare distrazioni, predisporre la modalità di lavoro in gruppo per la collaborazione e la condivisione. Il progetto, lanciato tre anni fa in patria, è già stato esportato in diversi paesi, tra i quali, in Europa, la Francia e la Gran Bretagna. Un Osservatorio presso il Centro di ricerca sull’educazione ai Media della Cattolica sarà costituito un Osservatorio sui media digitali a scuola – diretto dal professor Pier Cesare Rivoltella con il coordinamento scientifico del professor Pierpaolo Limone – che si occuperà di svolgere un’indagine quali-quantitiva (questionari, osservazione partecipante, interviste e focus group) per fare il punto sulla digitalizzazione della scuola e monitorare l’impatto dei nuovi strumenti tecnologici sul processo di apprendimento, sulla formazione degli insegnanti e sui percorsi didattici rivolti agli studenti nativi digitali. La tecnologia, da sola, non basta a modificare il sistema di apprendimento e le performance scolastiche degli studenti. Ne è convinto Rivoltella, professore ordinario di Didattica e tecnologie dell’istruzione presso l’università Cattolica di Milano: “ Le tecnologie digitali non servono a modificare deterministicamente gli apprendimenti degli studenti: se inserite nella scuola con un corretto processo servono a destabilizzare le vecchie pratiche didattiche favorendo l’innovazione e la riduzione del gap di cultura tra scuola e sistema sociale; in questo modo, una scuola più vicina al mondo degli studenti e una didattica più efficace e aggiornata finiscono per creare le migliori condizioni anche per gli apprendimenti maggiormente significativi”.

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