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Silicon Valley, non è più tempo per i giovani?

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Zynga , l’azienda produttrice del famoso social game Farmville, è in crisi: a inizio giugno ha licenziato 520 dipendenti, cioè il 18% del totale e chiuso diversi uffici, tra cui quello di New York. Nei giorno scorsi il fondatore Mark Pincus ha annunciato le dimissioni da ceo, ruolo in cui sarà sostituito da Don Mattick, proveniente dalla divisione Xbox di Microsoft. L’ennesima trasformazione del mercato dei videogiochi, sempre più legato a smartphone e tablet, sta riducendo i margini di profitto e deprimendo il valore di mercato della società, che si ritrova azioni inchiodate intorno ai 3 dollari, ben lontane dai 10 dollari della quotazione al Nasdaq di dicembre 2011.  Se Mark Pincus rimane comunque presidente e chief product officer di Zynga, ben più definitiva è la sorte toccata ad Andrew Mason, il fondatore di Groupon. A fine febbraio, in seguito a una striscia di risultati negativi iniziata poco dopo l’esplosiva quotazione al Nasdaq a novembre 2011, Mason è stato licenziato dagli azionisti della società dei coupon. Per consolarsi, l’ex-ceo ha registrato un album rock, Hardly Workin’ , in cui offre consigli di business cantando.  A proposito di musica, non naviga in acque tranquille nemmeno Tim Westergren, capo di Pandora . Quotata a giugno 2011, la webradio americana presenta diversi indicatori favorevoli, a cominciare dal valore sui listini: le sue azioni hanno tenuto meglio rispetto a quelle di Groupon, Zynga o Facebook e dal bacino di pubblico, 200 milioni di utenti iscritti, 70 milioni di ascoltatori ogni mese. Westergren si trova tuttavia coinvolto in una complessa trattativa sulle royalty da pagare ad autori e case discografiche. E all’orizzonte si profila lo spettro di iTunes Radio, il servizio che Apple varerà dopo l’estate e che promette di essere un rivale molto insidioso per Pandora.    Per i giovani timonieri della Silicon Valley, l’euforia delle quotazioni del biennio 2011-2012 è un ricordo sfocato. Lo stesso Mark Zuckerberg si trova a fronteggiare una situazione complicata. Da un lato, ci sono gli azionisti che mugugnano per i risultati in Borsa: dalla quotazione a 38 dollari dell’aprile 2012, le azioni di Facebook non sono mai decollate, oggi sono ferme a 24 dollari e Zuckerberg ha ammesso la sua delusione all’assemblea dello scorso giugno. Dall’altro, ci sono i dubbi legati alla tenuta del social network che, dopo la trionfale corsa che in pochi anni l’ha portato a oltre 1 miliardo di utenti, inizia a presentare i primi segnali negativi, accompagnati dalle incognite sulla solidità del modello di business.  Non molto tempo fa Forbes ha pronosticato quattro anni di vita al social network di Menlo Park, come se dovesse seguire le sorti di MySpace o di Yahoo!. Il social network con oltre un miliardo di utenti ha ormai 9 anni. E deve capire quali ambizioni ha da grande nell’era mobile. Il numero uno dei social network, che dalla pubblicità ottiene l’85% dei ricavi, sta mostrando tutti i suoi limiti: il flop di Htc First e la tiepida accoglienza dell’app Facebook Home sono sotto gli occhi di tutti. Secondo Nielsen, gli utenti spendono più tempo su Facebook che sui siti della concorrenza. Gli utenti che hanno visitato il sito ogni giorno sono aumentati al 59,9%, rispetto al 58,3% del quarto trimestre. Secondo Pew, Facebook vanta un’utenza giovane, quella dei teenager, molto appetibile per gli inserzionisti, anche se i ragazzi preferiscono passare più tempo su Instagram e nel mobile le alternative incalzano. Non tutto va però così male. Un’altra realtà dai connotati molto social, LinkedIn , in due anni ha più che quadruplicato il valore delle sue azioni e a giugno è stata posizionata da Forbes al vertice della sua classifica delle America’s Fastest Growing Tech Companies, le società tecnologiche americane che crescono più rapidamente. Nel complesso, il barometro offre indicazioni molto contrastanti. Se la brutta performance di Facebook e la sofferenza di alcuni big (dai massimi di settembre 2011, le azioni di Apple hanno perso il 40%) hanno raffreddato gli istinti di molti manager della Silicon Valley, c’è un nome che potrebbe rovesciare di nuovo il tavolo e far ripartire la corsa al Nasdaq: Twitter . E’ sul servizio di microblogging e sul suo ceo Dick Costolo che molti bookmaker sono pronti a scommettere per la prima grande quotazione high tech del 2014.  

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