Riparte la lotta tra produttori di dispositivi mobili e Siae per la celeberrima tassa sui cellulari , con i consumatori nel mezzo, a fare i conti, letteralmente, con le ambigue politiche per la protezione del diritto d’autore. Il nuovo ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, ha ereditato dal suo predecessore, Massimo Bray, la questione irrisolta del balzello sulle tecnologie che consentono l’archiviazione e la riproduzione di contenuti protetti da copyright (musica, video e testi): per la Siae, l’extra tassa va applicata come equo compenso, poiché la diffusione di tali dispositivi porta un danno ipotetico al mercato, con la possibilità di copiare i file e dunque un calo delle vendite dei supporti fisici o delle edizioni digitali (e di conseguenza meno introiti sui diritti d’autore). Per i produttori, ogni ritocco porterebbe a un incremento del prezzo finale dei prodotti, già incrementati a causa dell’innalzamento dell’Iva negli ultimi mesi. Con la Siae si schierano alcuni nomi noti dello spettacolo , da Renzo Arbore a Pupi Avati, da Claudio Baglioni a Paola Cortellessi, passando per Ligabue e Carlo Verdone, che hanno firmato una petizione da recapitare al neo-ministro, pert mano del presidente dell’associazione, Gino Paoli. Altroconsumo, invece, chiede di valutare con attenzione ogni nuova imposta e si schiera, a tutela dei propri iscritti, con i marchi hi-tech: “ Chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online, paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti sulla base di una licenza – ha detto il portavoce Marco Pierani – . A fronte dei 500 illustri autori e artisti noi abbiamo raccolto oltre 14mila firme di persone comuni che hanno supportato la nostra petizione” , che chiede di evitare il balzello. La tassa, che interessa anche web tv, hard disk, chiavette usb, tablet e pc, avrebbe un impatto variabile da 5 a 40 euro , a seconda del dispositivo e dalla sua capacità di memoria; attualmente, per ogni smartphone l’imposta di equo compenso per copia privata è di 90 centesimi di euro, mentre nulla si paga in più sui tablet. Gli aggiornamenti ai prezzi sono previsti da un decreto del 30 dicembre 2009, come adeguamento per lo sviluppo delle tecnologie digitali. Il governo Letta aveva rinviato in extremis l’entrata in vigore delle nuove tariffe, ma non ha fatto in tempo a legiferare in merito. Toccherà a Renzi & Co. risolvere le incongruenze del regolamento sul mercato hi-tech e magari riformare la leggi sul diritto d’autore, con particolare attenzione al web. Lo scontro tra le parti continua : le istituzioni hanno mobilità limitata e scarsa percezione del mercato nell’era digitale, mentre i produttori temono un calo dei consumi, con intoppi per i loro profitti multimilionari. E i consumatori guardano attoniti, un po’ arrabbiati.
Spauracchio tassa per gli smartphone

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