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Tecnologia, 15 anni di acquisizioni

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Quella di WhatsApp da parte di Facebook è solo l’ultima, e la più costosa, delle grandi acquisizioni high tech operate negli ultimi quindici anni dai protagonisti di internet e dell’industria informatica. Da Hotmail a YouTube, da Flickr a Instagram, da Motorola a Nokia, sono numerose le aziende finite progressivamente nella pancia di giganti come Facebook, Google, Apple, Microsoft e Amazon . Le ragioni e le modalità di questi passaggi possono essere molteplici: dal desiderio di acquisire una particolare tecnologia a quello di limitare la concorrenza comprandola, dall’interesse per pacchetti di brevetti industriali a quello per ricchissimi bacini di utenti, vedi i 450 milioni di persone che usano regolarmente WhatsApp.  Anche le strategie possono variare: c’è chi si è fatto prendere un po’ la mano e il libretto degli assegni durante la prima new economy e oggi tiene d’occhio soprattutto i social network, leggi Yahoo!, chi preferisce puntare su prodotti medio-piccoli da trasformare in software di successo (Apple), chi punta a irrobustire soprattutto il suo principale territorio d’azione (Amazon e l’e-commerce) e chi innalza l’asticella dell’ambizione e degli zeri (Facebook). Nel complesso si tratta di diverse centinaia di acquisizioni, solo raramente destinate a finire sulla prima pagina dei media e nella maggior parte dei casi legate ad aziende piccole e poco conosciute.  Il sito Tech Crunch di recente ha creato un’infografica, in collaborazione con Simply Business, che confronta dimensioni, frequenza e focus delle acquisizioni fatte negli ultimi 15 anni da Apple, Amazon, Google, Yahoo! e Facebook. In molti casi, il valore della transizione è ufficioso e comprende un’articolata struttura di pagamento (i 19 miliardi di dollari dell’operazione Facebook/WhatsApp, per esempio, sono suddivisi in 4 miliardi in contanti, 12 miliardi in azioni e 3 miliardi in compensi personali a fondatori e impiegati di WhatsApp).  Apple , l’azienda più potente del mondo tecnologico ha riserve di cassa con cui potrebbe comprare intere nazioni, eppure va avanti a piccoli passi, preferendo puntare su start-up innovative. Qualche esempio degli ultimi anni: Autentech (da cui è nato il sensore per impronte digitali dell’iPhone 5s), Siri (l’assistente vocale di iPhone e iPad), FingerWorks (il multitouch di iOs), Lala (streaming musicale, per iTunes radio), Soundjam (iTunes), Placebase (mappe), P.A Semi (semiconduttori). Tutti nomi sconosciuti, tutte tecnologie e conoscenze utilizzate dopo qualche anno. L’acquisizione più rilevante, però, risale al 1998: 404 milioni di dollari per Next, l’azienda che Steve Jobs fondò quando fu cacciato da Cupertino; l’operazione segnò il suo ritorno e salvò Apple dal declino.   Yahoo! non sempre ha avuto fortuna: l’avventura di Geocities, ad esempio, è costata 3,6 miliardi di dollari e dieci anni di agonia, fino alla chiusura del servizio nel 2009. Meglio è andata con Tumblr, la piattaforma di micro-blog pagata circa un miliardo: in un anno l’attività degli utenti è aumentata del 50%, e quella di chi usa tablet e smartphone addirittura del 250%. E se il servizio di foto Flickr tiene ancora bene, interessanti novità si aspettano da Aviate, un’app che fa da assistente personale. Summly ha fruttato 30 milioni di dollari al diciassettenne programmatore Nick D’Aloisio e si è trasformata in Yahoo! News Digest, un’app che riassume automaticamente il meglio dell’informazione sul web.   Nel 2002 eBay pagò Paypal 1,5 miliardi di dollari: l’obiettivo era creare una piattaforma integrata di commercio e pagamento. Riuscito solo in parte visto che ad esempio Paypal non è usato da Amazon. Il ceo Jeff Bezos ha acquisito negli anni Imdb (internet movie database), CdNow, Audible, Zappos per migliorare e ampliare l’offerta dello store. Nella stessa ottica Kiva (775 milioni di dollari), che produce robot per la logistica e i magazzini. Molto attiva anche Microsoft, con 160 acquisizioni negli ultimi quindici anni: da Hotmail, pagata 500 milioni di dollari nel 1997, a Skype (8,5 miliardi di dollari nel 2011). L’ultima è quella che ha fatto più rumore: Nokia, pagata 7,2 miliardi di dollari. Perché il futuro è mobile, come ha dimostrato Google nel 2011 acquistando Motorola (appena rivenduta a Lenovo, ma senza i brevetti che andranno ad alimentare il sistema operativo Android). O Waze, un ibrido tra social network e software di navigazione gps, costato 966 milioni di dollari l’anno scorso. Nel 2006 YouTube passò a Mountain View per 1,65 miliardi di dollari, la metà di Nest, il termostato intelligente acquistato qualche settimana fa, che potrebbe aprire per Google le porte della domotica. L’ultimo acquisto? DeepMind, un sistema di intelligenza artificiale.   Pare che Google avesse offerto dieci miliardi di dollari per WhatsApp, senza successo. Ci è riuscito Zuckerberg, impegnando quasi un terzo della liquidità di Facebook . Ha pagato 19 miliardi di dollari, non potrà inserire pubblicità, ma ora può contare su 450 milioni di utenti che si aggiungono al miliardo e 230 milioni del più grande social network del mondo. Il vero segreto dell’affare è però in un altro numero: il 70% degli iscritti a WhatsApp usa il servizio ogni giorno. Molti sono giovanissimi, non andrebbero mai in un locale frequentato dai loro genitori e insegnanti, e per lo stesso motivo snobbano Facebook: non è più cool. WhatsApp sì.  Dall’analisi di Simply Business sono emersi anche dei trend: tra il 2011 e il 2012 Yahoo! ha registrato poche acquisizioni, fino a quando l’arrivo del nuovo ceo Marissa Mayer ha ridato vigore allo shopping. Apple ha mantenuto basso il prezzo delle sue acquisizioni nonostante le sue enormi riserve di liquidità, in quanto preferisce spendere per la tecnologia piuttosto che per la quota di mercato; dopo lo sbarco in Borsa, Facebook ha accelerato gli acquisti per combattere la fuga di cervelli. Inoltre mentre Steve Jobs vedeva le acquisizioni come incapacità di innovare, con Tim Cook Apple ha comprato diverse aziende per portare nuove risorse in azienda. Tra il 2008 e il 2009 si è registrata una recessione; mentre sono aumentate le acquisizioni nei confronti di aziende specializzate in social, mobile e hardware, negli ultimi anni sono diminuite le spese per ricerca, media e pubblicità.

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