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Telecom, e scorporo sia

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Per Telecom Italia si avvicina il momento della cessione della rete. Quella che, secondo le ipotesi circolate nelle scorse settimane, appesantirà la Cassa Depositi e Prestiti , gestore dei risparmi postali degli italiani, di una quota rilevante di un asset in  rame obsoleto valutato tra  8 e 16 miliardi di euro . Custodito da una società pubblico-privata di nuova costituzione che sarà prevedibilmente caricata di costi fissi da finanziare con le vie tradizionali: il canone di accesso alla rete, a sua volta giustificazione per gli aumenti degli operatori, ma giustificato nel nome dei futuri investimenti in fibra. Questo in sintesi lo scenario che si prospetta sul lungo termine. Telecom ha dato il via alle danze con la delibera del consiglio di amministrazione, che permetterà al gruppo di telecomunicazioni di progettare una nuova partenza. Un passo indispensabile prima di discutere eventuali nozze con  3 Italia o altri pretendenti con vantaggio di soci come Generali, Intesa e Mediobanca subentrati alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera al controllo di Telecom nel 2007. E non senza la benedizione del governo di Enrico Letta che, sulla base di una legge del 2012, ha “ potere di veto avverso qualsiasi delibera, atto o operazione, adottata a una società ” di rilevanza strategica per il settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. E che la settimana scorsa ha incontrato i vertici di Telecom e Cdp. Una classica operazione di sistema che permetterà a Telecom di tornare a creare ricchezza per i soci. Azionisti che, dopo le pesanti perdite incassate in seguito al subentro a Tronchetti (oltre 5 miliardi in un quinquennio) non sono più disposti a metter mano al portafoglio per garantire lo sviluppo industriale della società. E che anzi, in vista della scadenza a settembre del patto di sindacato che lega i maggiori soci nella holding Telco (Generali al 30,58%, Mediobanca all’11,62%; Intesa Sanpaolo all’11,62% e gli spagnoli di Telefónica al 46,18%), accarezzano l’uscita dal capitale del gruppo di telefonia di cui controllano congiuntamente il 22,44%. Stando a Bloomberg, Telecom Italia vuole pianificare un  investimento da 10 miliardi di euro in fibra ottica nella linea fissa. La spesa è prevista in dieci ann i. “ L’unità Opac otterrà un buon ritorno di questi investimenti in quanto lavorerà come utility con forte cash flow” stima Andrea Rangone , docente di business strategy presso il  Politecnico di Milano. “ Fatturato e profitti saranno influenzati dalla decisione dell’authority che regolamenterà l’unbundling, definendo i prezzi che gli altri operatori devono pagare per l’accesso “. Telecom punta naturalmente al controllo della newco, ma gli altri operatori sono già in allarme: l’amministratore delegato di Fastweb , Alberto Calcagno, ha per esempio chiesto ad Agcom e Antitrust di vigilare dal momento che lo scorporo “ non può avere come conseguenza un alleggerimento della regolazione almeno finchè persistono due condizioni: dominanza di Telecom nel mercato degli accessi su rete fissa, oggi ancora al 65%, e pacchetto di controllo sulla società post-scorporo ”. Detto in altri termini, non si può permettere all’operatore privato Telecom – cui l’Antitrust ha appena comminato una maximulta ( 104 milioni di euro ) per abuso di posizione dominante proprio nelle infrastutture di rete dopo un’indagine di tre anni – di diventare il dominus del nuovo network. 

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