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Telecom: i conti non tornano mai

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Diciotto rinvii a giudizio per altrettante persone, due delle quali agli arresti domiciliari, sono stati chiesti dalla procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta su una presunta associazione criminosa, che avrebbe causato un danno patrimoniale di circa 76 milioni di euro a Telecom Italia e Tim, erogando crediti a società poi fallite. Le richieste di rinvio a giudizio, per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta aggravata e al falso, vedono tra i destinatari anche tre funzionari di Telecom e uno di Tim. Secondo il pubblico ministero Stefano Rocco Fava, titolare dell’inchiesta, ai fini di realizzare il piano criminoso alcuni degli indagati avrebbero costituito e rilevato società operanti nel settore delle telecomunicazioni dopo aver goduto di ingenti crediti da parte di Telecom Italia e Tim destinati a restare in buona parte scoperti, con illeciti nella contabilità e trasferimenti all’estero delle sedi sociali. Il giudice per l’udienza preliminare Sandro Di Lorenzo dovrà pronunciarsi sulle richieste della procura per il prossimo 17 agosto. Telecom è finita anche sui principali quotidiani, che fanno luce sull’acquisizione da parte di Pirelli. L’Agenzia delle entrate di Milano avrebbe contestato agli ex azionisti di Bell, la finanziaria lussemburghese ex controllante di Telecom Italia, una evasione tributaria che arriva a quasi due miliardi di euro, considerando anche interessi e sanzioni, secondo alcuni quotidiani oggi in edicola. Il Corriere della Sera ricorda che con la cessione del controllo del gruppo tlc esattamente sei anni fa alla cordata Pirelli-Benetton, la Bell aveva realizzato una plusvalenza, di circa due miliardi secondo la Repubblica, “su cui però lo Stato italiano non ha mai incassato neppure un soldo di tasse sui profitti”, scrive il Corsera. Nell’estate del 2001, la cessione a Marco Tronchetti Provera del pacchetto azionario di controllo di Telecom Italia ha sottratto al Fisco 600 mln di euro. E’ quanto scrive Repubblica aggiungendo che per l’amministrazione delle Finanze e’ arrivato il tempo che quel denaro rientri nelle casse dell’Erario. Sei anni fa, aggiunge il quotidiano, i soci di Bell raccolsero dalla transazione plusvalenze esentasse per 2 mld. Dovranno ora versare 600 mln a titolo di maggiore imposta evasa e 1 mld a titolo di sanzioni. Quell’esenzione non gli spettava, perchè Bell era una società italiana a tutti gli effetti, e fu ingiustamente favorita. “Considerata l’entità del danno erariale, nonchè la distrazione del patrimonio sociale di Bell – scrive l’Agenzia delle entrate nel provvedimento – si rende opportuna l’iscrizione di ipoteca sui beni dei trasgressori e dei soggetti obbligati in solido, con conseguente sequestro dei loro beni, compresa l’azienda” Tali misure cautelari dovrebbero essere effettuate anche nei confronti dei soci di Bell. In particolare, di Hopa e Gp Finanziaria, i maggiori ed effettivi beneficiari della distrazione del patrimonio sociale. La multa comminata “è un fiume di denaro”, scrive Repubblica sottolineando che si tratta dello 0,1% del Pil italiano. Il quotidiano ricostruisce il perchè della rinuncia per 4 anni, da parte del ministero dell’economia guidato da Giulio Tremonti, alla riscossione. Repubblica ricostruisce la storia partendo proprio dalla cessione – nel 2001 – a Tronchetti Provera del controllo di Telecom, attraverso l’acquisto del 22,5% di Olivetti da Bell. Dopo due inchieste penali condotte dalla Procura di Milano, spiegano i giornali, l’Agenzia delle entrate di Milano ha notificato ai rappresentanti della Bell l’atto finale di una procedura di accertamento tributario, chiedendo agli azionisti dell’epoca della finanziaria lussemburghese di versare un totale di quasi due miliardi di euro, di cui circa 1,180 milioni di sanzioni. Il conto più salato ricade sulla finanziaria bresciana Hopa guidata da Emilio Gnutti, seguita dagli altri soci Bell, come Unipol, Mps, Antonveneta, Interbanca.  

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