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Una rete consapevole, anche per i ragazzi

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Il bullismo sul web è la principale minaccia nella vita di adolescenti e pre-adolescenti, secondo il 69% di loro (a seguire la droga per il 55%, le molestie/aggressioni da parte di adulti per il 45%). Quando si viene presi di mira il 15% non si confida con nessuno. In occasione del Safer Internet Day, una giornata istituita dalla Commissione europea, nell’ambito del programma Safer Internet, per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi media tra i più giovani, è iniziata la campagna Se mi posti ti cancello. L’invito a partecipare è a tutti gli adolescenti, con un video da postare su Semipostiticancello.it e una web serie. Secondo Vincenzo Spadafora, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, “ la rete e un amplificatore straordinario della realtà, è una lente d’ingrandimento di umane virtù e debolezze. Occorre vigilare sugli eccessi e sui pericoli, investire nella scuola, nella cultura, aiutare i genitori e gli operatori sociali. Ma più di ogni altra cosa è necessario accrescere la consapevolezza dei ragazzi, tra spirito critico e condivisione di valori, rafforzando le occasioni di dialogo e l’ascolto” . Il 23% degli under 18 in Italia trascorre tra le 5 e le oltre 10 ore su internet (+4% rispetto al 2013), l’8% è connesso 24 ore su 24; il 44% non ha bisogno di una postazione per connettersi ma lo fa da qualsiasi posto, grazie alla diffusione del wifi e di dispositivi internet mobili come gli smartphone, posseduti dall’85% di under 18. Tre giorni prima della Giornata per un internet più sicuro una ragazzina di 14 anni si è buttata da un palazzo perchè su Ask.fm altri adolescenti le dicevano che doveva morire. Pensando a lei ed a tutti gli altri ragazzini come lei, mortificati o uccisi dall’uso scorretto della rete, al termine del Safer Internet Day, bisogna chiedersi se l’approccio ai nuovi media che gli adulti stanno usando con i giovanissimi non sia sbagliato. Secondo la definizione della Polizia postale, il profilo ideale del cyberbullo è quello del ragazzo fra i 10 e i 16 anni, apparentemente bravo studente, con una competenza informatica superiore alla media e incapacità a valutare la gravità delle azioni compiute on line. Il problema è: chi lo aiuta a capire? Molti adulti si avvicinano al rapporto che i ragazzi hanno con la rete con ignoranza, paura, desiderio di integrarsi e dimostrare che possono essere come loro, ma non sono e non devono essere come loro: loro sono giovani e gli adulti sono coloro che dovrebbero impartire l’educazione, limitare se necessario, dare il buon esempio, aiutare a crearsi uno spirito critico. Ma l’approccio è far vedere ai figli, agli allievi, che sia ha un profilo social e si acquista il device all’ultimo grido, ma non li si mette abbastanza in guardia perché si ha paura di apparire retrogradi e quando vogliamo metterli in guardia non sappiamo farlo o ci fermiamo di fronte a un’obiezione dal sapore tecnologico. Prima di tutto informiamoci bene e non facciamoci spaventare da un ragazzino che sembra saperne troppo ma in realtà non sa le cose che davvero contano. Quanti sono al corrente delle insidie nascoste nella rete? Non parlo solo del mostro che fa grooming per catturare la piccola preda, parlo delle multinazionali che ci profilano, che non cancellano i nostri dati quando cancelliamo il nostro account. Informiamoci, per poter spiegare e sostenere una conversazione con la generazione dei nativi digitali: vi sorprenderà quanto poco ne sanno. In secondo luogo non accettiamo che siano loro a dettare le regole sull’uso del mezzo digitale, stabiliamole noi. Uno studio di qualche anno fa di quattro facoltà di Psicologia americane evidenziava che l’indice di narcisismo dei giovani diciottenni è cresciuto perché la generazione di Facebook e Youtube si sente al centro, si sente protagonista, si sente speciale.

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