Site icon Telepress

Uno scrittore italiano alle prese con l’algoritmo della musica

alberto-bigoni-musica-unsplash

alberto-bigoni-musica-unsplash

Si intitola così il libro di Renato Caruso che ripercorre la lunga storia e il legame intrinseco fra musica e matematica

Se amate la musica ma non la matematica, c’è adesso un libro che promette di farvi fare pace anche con la seconda materia svelandovi segreti della prima. Con L’algoritmo della musica – Da Pitagora all’Intelligenza Artificiale, Renato Caruso accompagna il lettore dentro una storia lunga oltre duemilacinquecento anni, in cui numeri e suoni si rincorrono senza mai separarsi davvero. Il libro parte da una constatazione semplice e tutt’altro che astratta: la musica, prima ancora di essere emozione, è struttura. E ogni struttura, che si tratti di una corda tesa o di una traccia digitale, obbedisce a regole misurabili.

Il viaggio comincia nell’antica Grecia, con Pitagora e il celebre monocordo, lo strumento che per primo ha mostrato come gli intervalli musicali derivino da rapporti numerici precisi. Ottava, quinta e quarta non sono suggestioni poetiche, ma proporzioni: 2:1, 3:2, 4:3. Da lì in avanti, Caruso ricostruisce l’evoluzione di un pensiero che attraversa il Medioevo, il Rinascimento e l’età moderna, passando per Keplero, Galileo, Newton, fino ad arrivare al Novecento e all’era digitale. La musica, racconta il libro, cambia forma ma non natura: mutano gli strumenti, non il legame profondo tra matematica e suono.

Il punto di forza del volume sta nella capacità di tenere insieme rigore scientifico e leggerezza divulgativa. Concetti complessi come la frequenza, l’ampiezza, lo spettro armonico o la trasformata di Fourier vengono spiegati senza appesantire il racconto, mantenendo sempre un contatto diretto con l’esperienza concreta dell’ascolto. Un suono non è mai solo un’onda: è una combinazione di frequenze che il nostro cervello riorganizza, riconosce e trasforma in musica. Ed è proprio su questo processo che oggi intervengono gli algoritmi.

L’algoritmo della musica

Nella parte finale del libro, Caruso entra nel territorio dell’intelligenza artificiale applicata alla musica, mostrando come le logiche matematiche che regolavano il monocordo pitagorico siano, in fondo, le stesse che governano i software di composizione automatica, i sistemi di raccomandazione delle piattaforme di streaming e gli algoritmi di analisi sonora. La differenza non è nel principio, ma nella scala: dove un tempo si lavorava su pochi rapporti, oggi si elaborano milioni di dati al secondo. L’ascolto contemporaneo, suggerisce l’autore, è sempre più mediato da processi invisibili che selezionano, classificano e propongono la musica in base a modelli statistici.

Attenzione, però. Il libro evita accuratamente di ridurre l’arte a un mero esercizio di calcolo. Come sottolinea lo stesso Caruso: «La musica non è soltanto emozione: è calcolo, struttura, armonia – ma dentro ogni formula resta un margine di imprevedibilità che è la vera anima dell’arte». Una dichiarazione che sintetizza bene l’equilibrio su cui si regge l’intero progetto editoriale: riconoscere il ruolo dei numeri senza cancellare il mistero creativo.

Nato a Crotone nel 1982, Renato Caruso incarna personalmente questo intreccio tra discipline. Chitarrista classico di formazione, laureato in informatica e informatica musicale, ha lavorato anche in ambito accademico all’Università di Milano-Bicocca, senza mai abbandonare l’attività concertistica. Nel corso degli anni ha calcato palchi importanti, collaborato con artisti noti e svolto attività di consulenza musicale per la televisione, come nel caso di Caduta Libera su Mediaset. Parallelamente ha costruito una solida produzione discografica e saggistica, con titoli che già nel nome dichiarano il dialogo costante tra scienza e musica.

L’algoritmo della musica si inserisce coerentemente in questo percorso, ma rappresenta anche una sintesi matura. Non è un manuale tecnico, né un saggio accademico in senso stretto. È piuttosto un racconto informato e curioso, capace di parlare a musicisti, appassionati di scienza e lettori interessati a capire cosa succede davvero quando premiamo “play”. Perché dietro ogni nota, oggi come ai tempi di Pitagora, c’è sempre un numero che vibra.

Exit mobile version