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SCALATA AL POTERE

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L’immobiliarista che tentò la conquista del Corriere è finito in carcere. Il provvedimento non convince Di Vico del Corsera, mentre per Turani di Repubblica le menti sono altrove“Ho agito con trasparenza, nessuna irregolarità” e nessun tentativo scorretto di rientrare nella partita Rcs. Stefano Ricucci, arrestato martedì scorso per aggiotaggio e rivelazione di segreti d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta che riguarda la scalata al Corriere della sera, ha risposto così al primo interrogatorio. Per i magistrati è un “soggetto socialmente pericoloso” perché stava cercando di gonfiare il prezzo delle ultime azioni Rcs in suo possesso per poi rivenderle. Nonostante la spiegazione dei magistrati, Dario Di Vico, vicedirettore del Corriere, scrive che “il provvedimento di custodia cautelare emesso nei suoi confronti dai magistrati romani non convince”: è arrivato in un momento in cui Ricucci era debole e non forte come lo era la scorsa estate, in piena scalata. Di Vico è convinto che “dell’assalto alla Rcs l’immobiliarista non fosse certo il cervello. Il network di coperture aveva nell’inquilino di palazzo Koch (Fabio Fazio, ndr) e nei banchieri a lui fedeli un punto di riferimento decisivo, ma poteva contare anche sulla benevolenza di personalità di primo piano sia della maggioranza sia dell’opposizione”. Che Ricucci sia solo l’ultima pedina della scacchiera è opinione anche di Giuseppe Turani, direttore di Affari&Finanza di Repubblica: oltre a Fazio, indicato da Gianpiero Fiorani come la mente delle tre operazioni “forse ci sono stati altri registi. Altri che hanno spinto questi balordi a tentare una rivoluzione con fissati bollati truccati e con soldi rubacchiati qui e là”. Alla magistratura il compito di scoprire chi c’è dietro.

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