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2 Giugno 2023 | Attualità, Innovazione

Dall’Italia allo spazio e ritorno

Ecco la storia di D-Orbit, azienda italiana che trasporta i satelliti in orbita e, quando smettono di funzionare, li guida nel loro ultimo viaggio.

Anche i satelliti si rompono

C’è un’azienda italiana che va nello spazio e trasporta satelliti nella loro orbita di lavoro. E quando i satelliti non funzionano più, i suoi prodotti ne facilitano la rimozione dall’orbita, lasciando quest’ultima libera per nuovi veicoli. L’azienda si chiama D-Orbit e deve il suo nome alla manovra di deorbiting che viene usata per causare il rientro atmosferico di satelliti e altri oggetti presenti in orbita. Nel tempo, le finalità dell’azienda si sono estese, ma il nome scelto 12 anni fa per l’impresa co-fondata e capitanata da Luca Rossettini è rimasto. La sede è a Fino Mornasco, in provincia di Como, anche se la sua idea è nata negli Stati Uniti, dove l’amministratore delegato si trovava per lavorare con la NASA.

I laboratori di D-Orbit a Fino Mornasco (CO)

I laboratori di D-Orbit a Fino Mornasco (CO)

Genio e follia tutti italiani

E non conveniva rimanere in America? A Telepress.news risponde Matteo Trotti, Chief Quality Officer di 36 anni, entrato in azienda alla sua fondazione, con la laurea in Ingegneria Aerospaziale in tasca da appena un mese: “Ci sono almeno tre motivi per cui è meglio essere in Italia: il primo è che affrontare un’impresa capital intensive come questa è più conveniente in Europa (più prosaicamente, costa meno, ndr.); il secondo è che noi Italiani conserviamo un tasso di inventiva, preparazione e problem solving decisamente più alto; il terzo è che per avviare un’impresa del genere partendo da zero ci vuole un po’ di sana, italica follia”.

Frammenti pericolosi e taxi spaziali

Al servizio di cosa è messo questa volta il genio italiano? Facciamo un passo indietro con il naso all’insù. Quando guardiamo il cielo non ne abbiamo la percezione, ma ci sono numerosi frammenti di oggetti che viaggiano fuori controllo minacciando quelli inviati in orbita più di recente. D-Orbit ha un obiettivo: creare l’infrastruttura logistica che permetta all’industria spaziale di transitare in una nuova epoca di sviluppo economico. Questo obiettivo include due operazioni, una all’inizio e una a fine vita, che D-Orbit già oggi permette di semplificare con due dei suoi servizi.

Il primo servizio è quello di taxi spaziale. Continua Trotti: “Con il nostro trasportatore spaziale ION Satellite Carrier portiamo in orbita i satelliti dei nostri clienti. ION è un veicolo grande più o meno come una lavatrice che pesa 500 chili. Il suo compito è proteggere i satelliti presenti al suo interno durante il lancio, e trasportarli fino all’orbita di lavoro, dove li “deposita” perché possano iniziare la loro missione. Una volta rilasciati tutti i satelliti, questo taxi spaziale prosegue la sua vita come piattaforma per esperimenti scientifici prodotti da terze parti, e come cloud center per la raccolta e l’analisi di dati spaziali”.

Il taxi spaziale ION Satellite Carrier

Il taxi spaziale ION Satellite Carrier

Il secondo servizio è la rimozione dei satelliti a fine vita: “Il nostro D-Orbit de-commissioning device (D3) è un motore intelligente specializzato in manovre di rientro,” spiega Trotti. “Durante la costruzione del satellite, il D3 viene integrato assieme agli altri componenti: durante la missione esso rimane inerte, pronto a entrare in azione con un comando da terra; al termine della missione, il D3 fornisce la spinta che guida il satellite nella sua traiettoria di rientro, garantendo che bruci in maniera sicura al di sopra dell’oceano”. Già, perché i satelliti “esausti” o restano a fare danni nello spazio, oppure bruciano tornando indietro e vengono fatti cadere in zone isolate e desertiche.

Chi è il cliente tipo di D-Orbit?

“Aziende private, Università… siamo abbastanza agnostici in merito”. L’obiettivo, per il futuro, è di portare i satelliti in una stazione di riciclo orbitale: “Nel futuro avremo delle stazioni spaziali capaci di smantellare vecchi satelliti per parti come larghe antenne, o per fonderne la struttura e recuperare materie prime,” annuncia Trotti. “Sembrano scenari da fantascienza, ma noi e altre aziende ci stiamo già lavorando.”

di Daniela Faggion

L'Italia nello spazio con D-Orbit

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