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18 Luglio 2023 | Innovazione

Arrivano le protesi bioniche realizzate con pelle hi-tech italiana

Garantiscono sensibilità e una grande versatilità d’uso. Il loro creatore ha ricevuto il premio Feltrinelli 2023 per la Bioingegneria all’Accademia Nazionale dei Lincei. Telepress.news lo ha intervistato.

La pelle sintetica creata in Italia presso l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa si prepara a far parte del nostro quotidiano. Verrà utilizzata infatti nelle prime protesi bioniche di arti e nella chirurgia a distanza, ma potrà essere utile anche in operazioni di soccorso a rischio. A spiegarlo è il ricercatore che ha coordinato il suo sviluppo, Calogero Oddo, che ha da poco ricevuto il premio Feltrinelli Giovani 2023 per la Bioingegneria all’Accademia Nazionale dei Lincei, anche perché si tratta di un unicum mondiale: “L’articolo scientifico che abbiamo recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Nature Machine Intelligence“, racconta Oddo a Telepress.news, “ha dimostrato per la prima volta la combinazione di trasduttori in fibra ottica con reticolo di Bragg, materiali soffici, e metodi di intelligenza artificiale, per realizzare una pelle sensorizzata con una copertura molto ampia, su tutto l’arto superiore di un robot antropomorfo“.

La pelle hi-tech è sensibile al tatto e, spiega Oddo, la prima applicazione pensata per questo dispositivo è quella nelle protesi bioniche per arti amputati. Grazie a un collegamento con il sistema nervoso che avviene tramite elettrodi impiantati, infatti, le protesi bioniche permettono di conseguire un ritorno sensoriale tattile, e quindi di percepire l’interazione fisica in modo relativamente simile agli arti naturali. Fra le altre applicazioni possibili, ad esempio, c’è la chirurgia a distanza, “per conferire anche il senso del tatto a chirurghe e chirurghi che operano con precisione mediante robot”, precisa Oddo. Grazie al feedback tattile codificato mediante la pelle hi-tech, chi opera potrebbe percepire i tessuti anche a distanza mediante una consolle aptica di teleoperazione o dispositivi indossabili in grado di riprodurre quanto codificato dai sensori integrati sul robot per chirurgia.

Anche l’ambito della Protezione civile potrebbe beneficiare di questa tecnologia. Ci sono casi, ad esempio, in cui è troppo pericoloso che intervenga un soccorritore umano, ma potrebbe farlo un robot. Dovrebbe però disporre di una sensibilità più “umana” appunto, anche con il senso del tatto, ad esempio per poter spostare ostacoli e interagire fisicamente con persone e ambiente.

Quali informazioni sono state collegate e aggiornate per arrivare alla messa a punto della pelle sintetica?

“Fondamentale è stato studiare il senso del tatto nei suoi meccanismi biomeccanici e neurali, sia periferici che centrali, e anche gli aspetti percettivi, in collaborazione con gruppi di ricerca in neuroscienze. Abbiamo così acquisito informazioni su come codificano le informazioni i “meccanorecettori”, cioè i recettori sensoriali presenti sotto la pelle che trasducono l’interazione fisica in impulsi elettrici che, a loro volta, raggiungono il cervello e danno luogo alla percezione. Alcuni meccanorecettori rispondono a sollecitazioni localizzate, altri a stimoli più distribuiti. Oppure possono essere classificati in base alla loro risposta a una pressione prolungata nel tempo o alle variazioni della pressione. La comprensione di queste caratteristiche neurofisiologiche ha consentito, nei nostri ultimi studi, di prendere ispirazione dal posizionamento e dal ruolo dei corpuscoli di Ruffini al fine di codificare forze distribuite su ampie regioni della pelle”.

Quindi, come si realizza questa pelle sintetica, e di conseguenza gli arti di cui stiamo parlando? 

“La tecnologia si basa su sensori fotonici a reticolo di Bragg, integrati all’interno di un materiale soffice simile alla pelle, utilizzando metodi di stampa 3D per la realizzazione del robot e delle strutture per realizzare la pelle artificiale. Inoltre, sono state utilizzate piattaforme robotiche per effettuare numerosi esperimenti di validazione della tecnologia e metodi di intelligenza artificiale per tradurre i dati dei sensori in misure”.

Quante persone lavorano complessivamente a questo progetto?

“Nel laboratorio che coordino presso la Scuola Superiore Sant’Anna, il Neuro-Robotic Touch Lab, svolgono attività di ricerca circa 20 persone con varie competenze: ingegneria biomedica, meccanica, elettronica, fisica, neuroscienze. Il nostro gruppo di ricercatrici e ricercatori studia il senso del tatto e come replicarlo in forma artificiale. E questo progetto di sviluppo della pelle sensorizzata è uno dei principali del nostro laboratorio”.

di Daniela Faggion

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