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26 Luglio 2025 | Attualità, Innovazione

L’intelligenza artificiale predice il Parkinson: pubblicata ricerca italiana con IA e neurostimolazione

Milano guida la rivoluzione delle neuroprotesi intelligenti. Un algoritmo prevede l’evoluzione della malattia con una settimana di anticipo

Un nuovo algoritmo di intelligenza artificiale può prevedere l’evoluzione del Parkinson con una settimana di anticipo. Lo dimostra uno studio italiano pubblicato recentemente su npj Parkinson’s Disease, frutto della collaborazione tra l’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università di Würzburg in Germania. Lo studio ha coinvolto quattro pazienti sottoposti a monitoraggio per oltre un anno.

La ricerca introduce LAURA (Learning betA-power distribUtions through Recurrent Analysis), un sistema basato su tecnologia Transformer che analizza l’attività cerebrale dei pazienti sottoposti a stimolazione cerebrale profonda (DBS). Il framework raggiunge un’accuratezza superiore al 90% nella previsione delle distribuzioni di potenza beta fino a sei giorni nel futuro, consentendo così di prevedere gli attacchi della malattia.

“Possiamo ora leggere nel futuro della malattia di Parkinson”, afferma il professor Ioannis U. Isaias, direttore del Centro Parkinson dell’ASST Gaetano Pini-CTO. “Questo ci permette di intervenire tempestivamente sulla terapia di neuromodulazione per renderla più efficace”.

La stimolazione cerebrale profonda adattativa (aDBS) rappresenta l’evoluzione della terapia tradizionale. Gli elettrodi impiantati nel nucleo subtalamico registrano l’attività beta del cervello, considerata un biomarcatore dei sintomi motori del Parkinson. I nuovi dispositivi AlphaDBS modulano automaticamente la corrente di stimolazione in base a questi segnali.

Il problema principale della terapia attuale è la necessità di riprogrammare periodicamente i parametri di stimolazione. Le distribuzioni di potenza beta cambiano nel tempo, rendendo inefficace la stimolazione o causando effetti collaterali da sovrastimolazione.

LAURA risolve questo problema predicendo i cambiamenti nella distribuzione del segnale beta. L’algoritmo analizza le registrazioni croniche con risoluzione di un minuto, identificando pattern nascosti nell’evoluzione dell’attività neurale. I quattro pazienti monitorati hanno mostrato miglioramenti clinici tra il 76% e il 90% nella scala UPDRS-III.

“Questo risultato traduce in utilizzo clinico immediato le nostre ricerche sui segnali neurali”, spiega il professor Alberto Mazzoni della Scuola Sant’Anna, co-responsabile dello studio. Gli autori principali, Salvatore Falciglia e Laura Caffi, sono giovani ricercatori in un dottorato internazionale che coinvolge anche l’Università di Würzburg, dove opera la dott.ssa Chiara Palmisano.

La tecnologia permette il monitoraggio remoto dei pazienti. I dati vengono registrati continuamente, scaricati durante la ricarica del dispositivo e inviati ai medici tramite WebBioBank. Quando LAURA prevede deviazioni superiori al 10% dai parametri ottimali, genera un allarme per la riprogrammazione.

Attualmente in Italia solo 300 pazienti su 2.000 candidati ricevono l’impianto DBS ogni anno. “Queste innovazioni potrebbero aumentare l’interesse verso questa strategia terapeutica ancora poco utilizzata”, sottolinea Paola Lattuada, Direttore Generale dell’ASST Gaetano Pini-CTO.

Il Centro Parkinson di Milano accoglie oltre 7.000 pazienti all’anno, con 1.500 nuovi accessi. La collaborazione con l’Ospedale Maggiore Policlinico, l’ASST Santi Paolo e Carlo e l’IRCCS San Gerardo di Monza garantisce la copertura dell’elevato numero di interventi richiesti.

Le “neuroprotesi intelligenti” aprono prospettive rivoluzionarie. L’obiettivo futuro è l’auto-regolazione completa dei dispositivi, con recupero funzionale totale dei pazienti. La Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson sostiene il progetto nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La ricerca dimostra come l’Italia sia all’avanguardia nell’applicazione dell’intelligenza artificiale alle neuroscienze. Il prossimo passo sarà integrare dati clinici da dispositivi indossabili per correlare l’attività cerebrale con le attività quotidiane dei pazienti, creando un sistema predittivo ancora più accurato e personalizzato.

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