Le autorità cinesi hanno annunciato la capitolazione di centinaia di ribelli tibetani e hanno concesso a un gruppo di giornalisti stranieri di visitare, per la prima volta dopo l’inizio delle sommosse, la capitale Lhasa. La concessione cinese sembrerebbe una mossa studiata per sostenere il governo, dimostrando che la situazione ora è sotto controllo e che le proteste, iniziate in modo pacifico, si sono trasformate in azioni distruttive. Più di 600 persone a Lhasa e nella provincia di Sichuan, secondo il resoconto dei media del luogo, si sarebbero consegnate alla polizia la quale avrebbe pubblicato una lista di 53 individui ricercati perché coinvolti nelle proteste. La visita del gruppo di giornalisti nella capitale si è ridotta, inizialmente, a un breve giro per le strade della città. I reporter sono saliti su un bus che li ha condotti molto lentamente dall’aeroporto in centro. Il veicolo si è fermato presso tre posti di blocco, anche se a ogni angolo della città erano presenti uomini in uniforme che fermavano le macchine in transito. Sebbene la tv di stato abbia più volte mostrato immagini relative ai danni provocati dalle rivolte, i giornalisti non hanno notato alcun segno visibile di distruzione. Il governo cinese dichiara che le rivolte, che hanno raggiunto il culmine il 14 marzo avrebbero provocato 22 vittime, mentre il comitato per i Diritti dei tibetani sostiene che i morti siano 140.
Il Tibet timidamente aperto ai giornalisti

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