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9 Settembre 2009 | Attualità

Allarme Ue: portali di e-commerce ingannevoli

Più della metà, il 55% per la precisione, dei siti internet europei di e-commerce non rispetta le normative del settore. A lanciare l’allarme la commissaria ai Consumatori Maglena Kuneva, che ha presentato un’indagine della Commissione europea sull’argomento. L’analisi ha preso in considerazione 369 portali di 26 Stati membri, più Islanda e Norvegia,(17 in Italia), e ha rilevato irregolarità circa le informazioni relative ai diritti dei consumatori, sul costo totale dei prodotti o sulle modalità dei di contatto del commerciante. ” Abbiamo condotto questa indagine in collaborazione con le Autorità nazionali per numerosi motivi – ha spiegato Kuneva – : si tratta di un mercato che vale 7 miliardi ; i prodotti elettronici sono quelli maggiormente acquistati su internet; riceviamo moltissimi reclami da parte dei cittadini, uno su tre sugli acquisti effettuati su internet riguarda prodotti elettronici”. Secondo l’indagine il 66% di questo 55% non visualizzale informazioni obbligatorie sui diritti dei consumatori, come il diritto a restituire il bene acquistato entro sette giorni senza fornire motivazioni al venditore (ma alcuni Stati concedono agli acquirenti tempi anche maggiori). ” Questa è una tutela prevista per chi compra su internet, perchè a differenza di chi va in negozio non può valutare direttamente il bene che sceglie di comprare “, spiega Kuneva. Un 45% delle violazioni riguarda poi le informazioni ingannevoli o incomplete sui costi totali , compresi quelli di spedizione, come prevede la normativa in vigore. “Alle volte delle offerte mascherano spese di spedizione che superano quelle del bene acquistato, e per il consumatore è impossibile verificarlo prima di aver effettuato il pagamento “, dice la commissaria. Un terzo dei siti contestati, il 33%, non fornisce invece dettagli completi sul commerciante , ” e questo è grave, perchè diventa impossibile reclamare in caso di insoddisfazione “, spiega Kuneva. La Commissaria si augura ora che ogni Stato, come hanno fatto Islanda, Norvegia e Lettonia, pubblichi l’elenco dei siti irregolari, “solo loro possono farlo – ha spiegato – e noi abbiamo bisogno di questa collaborazione”.

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